Dal mondo della finanza arriva una notizia del tutto marginale se accostata con la reale tragedia del conflitto in Ucraina ma sintomatica di come la guerra stia svelando molti piccoli sporchi segreti. Indicativa per capire quanto ci sia di “montato” nella vendita di prodotti finanziari Esg, ossia investimenti che si suppone siano sostenibili da un punto di vista ambientale, sociale e civile. Prodotti su cui, in tempi di magri rendimenti, l’industria della finanza ha spinto moltissimo con incessanti e onnipresenti campagne di marketing che rimarcavano l’impegni di banche e fondi nel promuovere progresso e salvezza del pianeta. Sono fioccati studi che esaltavano l’atteggiamento delle nuove generazione, più responsabili nelle loro scelte di investimento rispetto ai loro padri e nonni. I mitologici millenials (che nel frattempo hanno per la maggior parte superato la boa dei quarant’anni) seppur squattrinati a causa di un mercato del lavoro più feroce rispetto al passato sono stati dipinti come paladini della finanza sostenibile. Poi, all’improvviso, è arrivata la guerra.
“Perché ci avete fatto comprare prodotti Esg se le aziende della difesa stanno rendendo molto di più?” iniziano a chiedere alcuni clienti. Perché la sostenibilità va bene ma solo finché conviene e la “bolla” che si è gonfiata intorno a questi prodotti aveva sinora assicurato rendimenti leggermente superiori alla media del mercato. Jean-Xavier Hecker, responsabile per Jp Morgan della ricerca sulle azioni Esg racconta come i clienti stiano iniziando ad interrogarsi sulle opportunità di guadagno perse, escludendo dagli investimenti i settori che ora stanno andando meglio. Dall’inizio dell’anno i fondi Esg hanno perso in media il 9% del loro valore, facendo peggio del mercato. Viceversa i titoli della difesa e dell’energia hanno inanellato guadagni a doppia cifra. E così iniziano ad esserci anche lobbisti dell’industria delle armi che iniziano a suggerire l’inclusione dei produttori di armi occidentali nei portafogli Esg, perché in fondo “contribuiscono a difendere la democrazia“. Secondo più di un investitore il tentativo occidentale di sganciarsi dal gas russo produrrà, almeno inizialmente, un allontanamento dal percorso di raggiungimento degli obiettivi di riduzioni di Co2. Aumenterà infatti la richiesta di carbone, il più inquinante dei combustibili di fossili, spingendo al rialzo le azioni di società che operano nel campo, sinora guardate come “paria” dagli investitori Esg. Anche nel mondo della finanza sostenibile è iniziata insomma una piccola, quasi risibile, “guerra”.