Giovanni Russo, consigliere comunale e preside, nei giorni scorsi anziché nascondere i dati emersi da un questionario proposto a 714 alunni, li ha pubblicati prendendo atto delle risposte dei ragazzi che se da una parte lasciano l’amaro in bocca dall’altra “ci dicono che dobbiamo lavorare di più su questo fronte”, spiega il dirigente
L’omertà non è da condannare e i boss sono comunque da rispettare. A dirlo non sono i figli di qualche mafioso ma la maggioranza degli studenti del liceo “Salvatore Cantone” di Pomigliano d’Arco (Napoli). Siamo in una scuola al centro della città, frequentata da ragazzi che provengono da famiglie benestanti e non; in una realtà dove lo spaccio di droga è dietro l’angolo. Giovanni Russo, consigliere comunale e preside, nei giorni scorsi anziché nascondere i dati emersi da un questionario proposto a 714 alunni, li ha pubblicati prendendo atto delle risposte dei ragazzi che se da una parte lasciano l’amaro in bocca dall’altra “ci dicono che dobbiamo lavorare di più su questo fronte”, spiega il dirigente.
La fotografia che emerge dal sondaggio eseguito non è entusiasmante. Alla domanda: “L’omertà è la paura di esporsi e denunciare un’azione illegale di cui si è a conoscenza; credi che sia da condannare?”. Il 37,5% ha detto no e il 30% non ha saputo rispondere. A dire sì è stato solo il 32,5%. “Ho la percezione – dice Russo che ogni mattina alle 7 è già a scuola per fare la ronda contro gli spacciatori – che i ragazzi temano di denunciare perché poi si sentono soli. Si spiega in questo modo la diagnosi emersa da questo quesito. Noi dobbiamo condizionare i ragazzi in positivo, abituarli al rispetto della norma anche nel piccolo, anche nella vita quotidiana”.
Parole che si sposano bene con la risposta alla domanda “come combattere l’omertà?” alla quale i giovani liceali hanno detto nel 33,9% dei casi “con una lettera anonima” ; il 10,4% si è rassegnato a un “non credo si possa sconfiggere” mentre solo il 25,9% si esporrebbe in prima persona. A lasciare perplessi i professori è anche un altro aspetto. Secondo il 20,9% dei ragazzi intervistati un boss è comunque una persona degna di rispetto. Un dato che se si unisce al 30% che ha deciso di non prendere posizione supera il 49,2% di quelli che non ne vogliono sapere di avere riguardo nei confronti di un criminale.
“Questi dati – sottolinea Giovanni Russo – non sono una sorpresa. Certo non mi entusiasmano e ci invitano a lavorare ancora di più con i ragazzi sul tema dell’educazione alla legalità ma so che spesso nel nostro contesto c’è un’idealizzazione del boss, dovuta anche a certi messaggi televisivi che passano da produzioni come “Gomorra”. Il capo del liceo ci tiene a far osservare che anziché mettere nel cassetto questi numeri ha preferito pubblicarli perché l’intera comunità educande potesse comprendere e capire. Il 46,1% degli studenti dice che a scuola si parla poco di mafia e di lotta alla criminalità: “Noi non ci arrendiamo. Ripartiamo proprio da qui per proporre ai nostri studenti – rimarca Russo – incontri con testimoni come padre Maurizio Patriciello che verranno in classe a parlare loro”. Un dato positivo comunque esce e in occasione del trentesimo anniversario delle stragi di Capaci e via d’Amelio è significativo: per il 78,8% degli intervistati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rappresentano una figura di riferimento. A dire “no” è solo l’1%.
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