L’Algeria è il secondo fornitore di gas dell’Italia dopo la Russia. Attraverso il gasdotto Transmed il meno inquinante tra i combustibili fossile arriva in Sicilia, a Mazara del Vallo. La condotta, in funzione dal 1962 e poi ampliata, ha oggi una capacità massima di 32 miliardi di metri cubi l’anno, tre volte quella del Tap e non molto inferiore a quello della condotta che arriva in Friuli Venezia Giulia dalla Russia, è oggi però utilizzati a circa i 2/3 del suo potenziale. L’Algeria ospita riserve di gas pari a 4,5 mila miliardi di metri cubi, le decime al mondo, cento volte più grandi di quelle italiane. La produzione è di circa 90 miliardi di metri cubi l’anno, più o meno un terzo finisce in Italia, paese che ogni anno consuma circa 80 miliardi di metri cubi. Le infrastrutture del paese africano sono però obsolete, bisognose di manutenzione e ammodernamento. Difficile che dal Transmed si possa “spremere” molto di più di quello che già arriva ora, non nell’immediato quantomeno. Pochi giorni fa la società statale del gas algerina Sonatrach ha firmato un accordo con Eni per accelerare lo sviluppo di un giacimento di petrolio e gas a Berkine nell’ambito dei piani della società italiana per aumentare la fornitura totale di gas anche dall’Algeria.
L’Algeria è però anche uno dei 35 paesi che si sono astenuti nella Onu contro la Russia in relazione all’invasione dell’Ucraina. Storicamente Algeri è stata sempre vicina a Mosca, in particolare sul piano militare e dell’intelligence. Come spiega Nicola Pedde, direttore di Institute for Global Studies, di recente l’Algeria ha rafforzato i suoi legami con la Russia siglando alcuni accordi per l’ammodernamento delle sue forze armate mentre sono aumentate le distanze con Stati Uniti e paesi europei come Francia e Spagna. “I rapporti con l’Italia rimangono invece estremamente cordiali, sottolinea Pedde, proprio in virtù di questa stretta e storica partnership sul piano energetico.
Il gasdotto Transmed è una sorta di cordone ombelicale che unisce i due paesi e l’Algeria non ha grandi alternative e non dispone della forza necessarie per uscire da questa relazione, cosa che peraltro non ha al momento nessuna intenzione di fare. Il paese ha una capacità inespressa, il gasdotto trasporta attualmente 20 miliardi di metri cubi l’anno, meno delle sue possibilità. Tuttavia aumentare le forniture richiede tempo”. Realisticamente, spiega l’esperto, Algeri potrebbe aumentare il gas inviato in Italia di 2-3 miliardi di metri cubi nel giro di poco tempo e di altri 4-5 miliardi nel giro di 5 anni. In ogni caso non una soluzione miracolosa non immediata né sufficiente per colmare un’ipotetica interruzione dei flussi russi.
Secondo Pedde è verosimile che Mosca faccia pressioni su Algeri per non andare incontro ai desiderata dei paesi europei ma è difficile che questo produca grandi effetti sulle decisioni dell’Algeria che, tutto sommato, guarda con un certo scettiscismo alle mosse del Cremlino in Ucraina. “Quello che dobbiamo temere non sono tanto le pressioni di Mosca quanto piuttosto l’instabilità interna del paese. C’è una grave frattura tra la classe dirigente, ancora espressione di quella andata al potere nel 1962 e il resto della società che rischia di rendere molto inverta la situazione dei prossimi anni. I paesi Ue, che nel Mediterraneo pianificano molto ma fanno poco in concreto, dovrebbero intervenire per puntellare economicamente questi paesi e cercare di stabilizzarli. In questo momento, un’altra crisi non saremmo davvero in grado di gestirla”.