Il processo per l'indagine "Diplomat" in Sicilia non è ancora arrivato a dibattimento dopo 8 anni. E così alcuni reati sono già cancellati e molti dei 99 imputati usciranno indenni. Ma soprattutto solo 22 attestati sono stati nel frattempo cancellati
Il nome dell’indagine “Diplomat” rendeva bene l’idea dell’organizzazione, ramificata in gran parte della Sicilia, che vendeva diplomi agli alunni che non frequentavano neanche un giorno di lezione. Oggi molti di questi – almeno un centinaio – hanno continuato il loro percorso scolastico, andando all’università e probabilmente laureandosi. Dal momento dell’inizio delle indagini, il 2014, solo 22 diplomi sono stati annullati, ma secondo gli investigatori almeno cento persone l’anno prendevano il diploma senza sostenere alcuna lezione e con esami di maturità facilitati e in alcuni casi con tracce comunicate anticipatamente.
Se questi diplomati sono usciti indenni dall’inchiesta, anche per molti altri dei 99 rinviati a giudizio per associazione a delinquere, falso, rivelazione di segreto d’ufficio e abuso d’ufficio, la vicenda potrebbe concludersi senza alcuna pena. Solo dopo 8 anni dai fatti in questione, infatti, si è arrivati al rinvio a giudizio per professori, dirigenti, collaboratori scolastici e per alcuni alunni, un lasso di tempo che ha permesso a molti di raggiungere la prescrizione. L’inchiesta è nata nel Ragusano e nel 2016 portò a un mega blitz che investì anche diverse scuole della provincia di Agrigento e 104 persone, tra cui un ex deputato regionale di Canicattì, Gaetano Cani, cui vennero trovati 300mila euro in contanti conservati in una scatola per le scarpe.
Dopo otto anni le accuse di rivelazione di segreto di ufficio e abuso d’ufficio sono già prescritte: problemi nelle notifiche, lungo tempo per la trascrizione delle intercettazioni e questioni legate alla competenza territoriale, hanno allungato enormemente i tempi. Secondo le indagini l’organizzazione si era allargata a parenti e amici dei dirigenti e dei collaboratori scolastici che reclutavano ragazzi al fine di farli diplomare in maniera facilitata in cambio di un pagamento molto più alto rispetto a quello di una normale scuola privata. In cambio veniva assicurato il diploma, anche senza essere mai presenti alle lezioni e senza essere mai interrogati. Anche l’esame di maturità veniva trasformato poi in una farsa: d’accordo con le commissioni, infatti, veniva permesso l’utilizzo del cellulare e dei temi già fatti, oppure venivano comunicate prima le tracce del ministero, in modo da consentire agli alunni di prepararsi in anticipo il testo da scrivere. A giugno la prima udienza al tribunale di Agrigento.