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Double Rock, il nuovo programma di Ernesto Assante e Gino Gastaldo su TvLoft. E a FQMagazine dicono: “Non siamo d’accordo su The Wall…”

Arrivano le cinque fulminanti puntate di Double Rock targate Loft Produzioni, disponibile ogni giovedì, dal 24 marzo su tvloft.it e app TvLoft. Genesi e mood del rock dalle radici blues al Beggin dei Maneskin (ovvero il pacco riportato al mittente settant’anni dopo), passando per i temi classici - “la Strada”, “Freedom/Peace”, “La Notte” - tutto in uno studio che sembra un piccolo club, bancone bar, qualche tavolinetto, la Mark Hanna Band che suona Chuck Barry, Lou Reed e i Sex Pistols

di Davide Turrini

Un Double Rock con un cubetto di Elvis, una spruzzatina di Beatles e Stones, più l’ombrellino dei Clash. A rispolverare l’argenteria della popular music che sconvolse il mondo a metà anni cinquanta, e per i decenni a seguire, arrivano le cinque fulminanti puntate di Double Rock targate Loft Produzioni, disponibile ogni giovedì, dal 24 marzo su tvloft.it e app TvLoft.

Genesi e mood del rock dalle radici blues al Beggin dei Maneskin (ovvero il pacco riportato al mittente settant’anni dopo), passando per i temi classici – “la Strada”, “Freedom/Peace”, “La Notte” – tutto in uno studio che sembra un piccolo club, bancone bar, qualche tavolinetto, la Mark Hanna Band che suona Chuck Barry, Lou Reed e i Sex Pistols. E per rievocare il firmamento del rock ci sono poi loro due. John Lennon e Yoko Ono? Johnny Cash e June Carter? Sonny &Cher? No: Ernesto Assante e Gino Castaldo, il gotha del giornalismo musicale italiano. “Facciamo Gianni e Pinotto”, la butta lì serio Assante. “Chi fa l’uomo e chi la donna?”, più pragmatico ma meno fluid il Castaldo.

Intanto sono quarant’anni che scrivete dello stesso tema sullo stesso giornale, sui libri, a teatro, e non vi siete mai accoltellati…
Assante: “I giornalisti hanno un ego strabordante…”
Castaldo: “Io sono un pochino più grande, l’ho preceduto di poco”
A.: “Tutti e due capi redattori ma io sono il suo fido pard”
C.: “Patto tacito fin dall’inizio: niente guerra, facciamo squadra”

Commovente. Adesso ditemi che non avete mai litigato e chiudiamo l’intervista subito.

A.: “Nell’ambito musicale altrochè. Si va a periodi. Abbiamo idee diverse spesso e volentieri, ma la cosa ci rende migliori, niente chiodi fissi”.
C.: “Ogni tanto ci accapigliamo, dai. Ernesto ha passioni incomprensibili”.
A.: “Non siamo d’accordo che so… su Tom Petty (ride ndr). Non siamo mai stati d’accordo su The Wall dei Pink Floyd che io non consideravo fondamentale, lui sì. Forse ha ragione lui. Io sono appassionato di cose piccole, che lui giudica molto piccole ma poi si ricrede”.
C.: “Beh, i Deep purple! Per me sono una band di tamarri, hanno avuto il culo di fare un riff bello e basta. Per Ernesto no”.

Scorri tutte le cinque puntate di Double Rock e non c’è roba italiana, che so Celentano?

A.: “Chiaro che no! Parliamo di rock, quindi …(ride ndr). Il rock italiano è nel novero della canzone d’autore. Ecco, Celentano faceva il rock and roll. Semmai Eugenio Finardi, gli Afterhours, una parte dei Subsonica, Marlene Kuntz sono rock, ma dei “lualuii” (Louie Louie – Iggy Pop ndr) non ne abbiamo”.
C.: “Siamo un paese stanziale, di contadini, al contrario quasi tutte le canzoni rock americane nascono dal vivere nella mobilità, sulla strada. Beh comunque Vasco Rossi è un bel pezzone di rock italiano, un monumento. Alla fine il rock si è radicato ovunque ed è diventato locale. Poi nasce e muore, rinasce e rimuore. I Maneskin, che escono da un talent non fanno parte né di un movimento né di una scuola”.

Niente rock italiano, ma forse c’è stato un rock francese?

A.: “Cosa? Allora diciamo così: c’è stato un gigantesco rock europeo anni settanta con il progressive. Italiani, francesi, tedeschi, al pari degli inglesi hanno trasformato le loro tradizioni in rock progressive”.

La solita storia: il rock è morto, ma poi rinasce. Ad oggi diciamo almeno tre o quattro volte…

A: “Ma è morto una quantità industriale di volte. Allora, il Rock&Roll è morto nel ’58, tre anni dopo la sua nascita. Il rock è morto quando si sono sciolti i Beatles, quando è morto Jimi Hendrix. Poi è morto con il punk, con la new wave, con la fine del grunge, ma è sempre rinato. Il fatto è che il rock è un attitudine e non un genere. Muore quando diventa un suono fisso, statico, determinato”.

Brano rock per cui andate giù testa al primo accordo.

A.: “Won’t get fooled again degli Who”
C.: “Essendo abbastanza anziano (ride ndr) dipende dai periodi. Vent’anni fa avrei detto un brano dei Pink Floyd. Il bello è che recentemente quando con Ernesto siamo a teatro mi rinnamoro di pezzi che non amavo nel passato proprio nel momento in cui li condividiamo in pubblico”.

L’insostenibile leggerezza di non riuscire ad aggiornare la propria top ten…

A.: “Per un vecchio come me sì. La cosa bella è che il rock riparte sempre da zero: chi oggi ascolta i Maneskin è a zero e per lui o lei non c’è niente prima. Quando sentivi il punk non c’era niente prima. Il rock si usa per quello che mi offre oggi non per quello che mi offriva l’altro ieri. Altrimenti faccio la musica del nonno”.

Intervista impossibile in 40 anni di carriera.

C.: “La più ridicola fu con un personaggio minore, Pete Doherty, che però in un certo momento storico andava tantissimo. Avevo l’esclusiva, poteva esserci lo scoop. Lo raggiunsi in una camera d’albergo a Londra ma fu terrificante. In un’ora non disse una frase che una dotata di senso. Insomma, l’intervista non ce l’avevo, ma il pezzo quel giorno era già in pagina. La salvezza fu raccontare quello che mi era successo in quella camera e non l’intervista”.

Tutto fa brodo. L’icona rock invecchiata sul palco che canta e si inciampa che effetto vi fa?

C.: “Gli Stones hanno retto bene. Bruce Springsteen è un caso clamoroso. A 70 anni è più belva di prima. Poi magari altri sono patetici. Diciamo che se domani, così, i Pink Floyd tornassero a suonare sarebbe un evento planetario”.

Domanda delle cento pistole (che è poi il tema della quinta puntata di Duoble Rock): il rock è ribellione o rivoluzione?

A.: “Tutte e due. Il dilemma è incarnato perfettamente da Beatles vs Rolling Stones. I Beatles erano rivoluzionari, gli Stones ribelli. I Beatles hanno cambiato il mondo, gli Stones si sono ribellati allo status quo, e in parte ancora lo fanno”.
C.: “Il tema è sfizioso. Un’altra questione che non è ancora morta. Basta che esci a cena e sbuca la domanda con annessi Beatles e Stones. A quel punto rispondo: i miti di Apollo e Dioniso non rimangono sempre loro?”.

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