Il gruppo siderurgico russo Severstal non avrebbe pagato la cedola da 12,6 milioni di dollari (11,4 milioni di euro) per alcuni suoi bond denominati in valuta statunitense in scadenza ieri. Secondo la società l’erogazione della cedola sarebbe bloccata da Citigroup, banca statunitense che gestisce i rapporti con gli obbligazionisti internazionali per il gruppo. “Questa è una situazione straordinaria per noi”, spiega Alexander Shevelev, amministratore delegato di Severstal. “Continuiamo – aggiunge – le consultazioni con i partner e facciamo il nostro meglio per garantire che gli obbligazionisti ricevano i fondi in conformità con i termini dell’emissione obbligazionaria. Spero che questa ingiustizia sarà risolta presto e che i diritti degli obbligazionisti siano rispettati”.
Citigroup avrebbe chiesto alla società di ottenere una licenza dall‘Office of Foreign Assets Control degli Stati Uniti prima di dare via libera alla transazione. L’ Ofac, l’agenzia che applica le sanzioni statunitensi, può rilasciare autorizzazioni speciali per operazioni che altrimenti sarebbero vietate. Severstal avrebbe ha detto di “essere in fase di richiesta a tutte le autorità di regolamentazione competenti”. Quando una società manca un pagamento sulle sue obbligazioni, ha un periodo di grazia di 30 giorni prima che scatti ufficialmente il default. Severstal, 19mo gruppo siderurgico al mondo, ha chiuso il 2021 con un forte incremento degli utili, come tutte le società del settore beneficiate dal forte incremento delle quotazioni dell’acciaio, che hanno superato i 4 miliardi di dollari. Il modesto valore della cedola lascia supporre che il mancato pagamento possa dipendere o dalla volontà del debitore o da problemi procedurali più che dalla mancanza di risorse.
L’agenzia di rating statunitense Standard and Poor’s diffonde oggi la non particolarmente illuminante osservazione per cui i rischi di default russo aumenterebbero in caso di uno stop agli acquisti europei di gas e petrolio. Lo si legge in un report dell’agenzia di rating sull’impatto della guerra, secondo cui, pur continuando a godere di afflussi di valuta forte grazie all’export di energia, sull’eventualità di un default “resta un punto interrogativo circa la volontà della Russia”. Inoltre “sanzioni più stringenti che limitassero interamente il suo interscambio energetico potrebbero chiudere questa strada”.