Centrosinistra compatto. Centrodestra spaccato. Questo è il quadro che si sta delineando per le elezioni Amministrative di Palermo che faranno da apripista alle Regionali, pesando senza dubbio anche sulle future Politiche. La Sicilia apre così le danze, ancora una volta facendosi terreno ideale per piantare le basi di nuovi orizzonti nazionali. È pur vero che tutto “è stato deciso a Roma: non è da qui che si decide di spaccare”, confessano i bene informati nel centrodestra. Dove la spaccatura tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini, nata già dai giorni dell’elezione del presidente della Repubblica, sta trovando nel progetto siciliano la sua ratifica. Innanzitutto all’Assemblea regionale, dove entro venerdì, il braccio di ferro tra Nello Musumeci, presidente della Regione e Gianfranco Micciché, presidente Fi dell’Assemblea regionale, dovrebbe raggiungere l’acme con le presidenze delle commissioni. Azzerate da Micciché dopo lo strappo di una parte del suo stesso partito, vicina a Musumeci, consumatosi col tentativo di sfiduciare il capogruppo azzurro all’Ars, Tommaso Calderone, fedelissimo del presidente dell’Assemblea: proprio Calderone infatti ha presentato un emendamento per impedire nuove nomine dirigenziali a sei mesi dalle elezioni Regionali, previste per il prossimo autunno.
Un vero e proprio “blocca nomine”, poi votato, che ha infiammato gli animi all’interno di Fi e che porterà Licia Ronzulli venerdì di nuovo a Palermo per placare gli animi tra gli azzurri. Proprio quel giorno dovrebbe consumarsi la mossa di Micciché (“solo problemi tecnici dei partiti che devono ancora indicare qualche nome”, spiegano fonti vicine al presidente dell’Ars) che porterà a capo delle presidenze nuovi deputati, tenendo fuori Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima, il movimento di Musumeci, vicinissimo al partito della Meloni. Ed è così che verrà sancita la frattura nel centrodestra che al momento sembra consacrerà Francesco Cascio come candidato di Forza Italia, ma sostenuto anche da Lega ed Mpa, il partito di Raffaele Lombardo. Mentre a quanto pare il partito della Meloni resterà isolato e porterà avanti la candidatura di Carolina Varchi per il capoluogo e di Nello Musumeci per la Regione. “Non è Micciché che spacca il centrodestra, ma Musumeci, che ha insistito sulla sua candidatura senza fare un passo indietro in nome della coalizione: è lui quindi che spacca la coalizione insistendo ciecamente sulla sua candidatura”, sottolinea un’autorevole fonte di Fi.
Intanto dopo il video alla cerimonia “quasi nuziale” in cui Berlusconi, oltre Marta Fascina, sposa politicamente Matteo Salvini, arriva dalla Sicilia il lancio del nuovo simbolo della Lega: “Prima L’Italia”. “Un progetto inclusivo” che apre “al civismo, ai Sindaci, agli amministratori locali, ad una grande federazione del centrodestra che possa fare sintesi con l’area moderata e autonomista per fare buona politica” è così che Nino Minardo, responsabile della Lega per la Sicilia, annuncia il nuovo progetto politico di Matteo Salvini, che “partirà dalla Sicilia”, tiene a sottolineare Minardo, ma è un progetto che riguarda tutta l’Italia. E che non a caso viene presentato proprio in questi giorni: il prossimo fine settimana sarà cruciale per entrambi gli schieramenti politici. Per sabato è prevista la conferenza stampa in cui l’ex presidente dell’Ars, Francesco Cascio (assolto in appello dall’accusa di concorso in corruzione, quando era assessore al Turismo della giunta di Totò Cuffaro), presenterà la sua candidatura a sindaco di Palermo. Il condizionale è d’obbligo per l’ex presidente dell’Ars, che vuole attendere il marchio a fuoco della Lega. Che ancora spera: “Fino alla fine nella compattezza della coalizione”, sottolinea, infatti, Minardo.
La rottura con Fdi in realtà è praticamente certa, ma sulla linearità della Lega, in Sicilia, nessuno è disposto a scommettere: “Con Salvini tutto può cambiare all’improvviso”, suggeriscono i più guardinghi nel centrodestra. E non a caso questi sono giorni di fuoco per i pontieri che mirano anche a fare rientrare le altre candidature già in ballo. Quella di Davide Faraone, per esempio, che potrebbe fare dietrofront in nome di un accordo dei renziani con Fi e Lega. E dell’ex rettore Roberto Lagalla, che da poco si era dimesso dalla giunta Musumeci proprio per concorrere alla poltrona di primo cittadino. Coriacea sembra invece la volontà di Fabrizio Ferrandelli, che ancora una volta si candida a Palermo, stavolta con Azione e +Europa, dopo averci provato più o meno con tutto l’arco costituzionale negli anni passati. Si voterà anche a Messina, dove il centrodestra andrà anche qui pare con le stesse spaccature ma senza un nome unitario per la nuova triade elettorale Fi-Lega-Mpa: in ballo ci sono Maurizio Croce, già assessore della giunta Crocetta, ma uomo di centrodestra e Nino Germanà, deputato della Lega, alla quale è approdato da Forza Italia. Croce potrebbe a questo punto essere sacrificato sull’altare di Palermo: dopo il benestare a Cascio, la Lega vuole incassare il candidato sullo Stretto.
Più compatta la situazione nel centrosinistra che negli stessi giorni, cioè nel fine settimana vedrà Enrico Letta e Giuseppe Conte dare il placet pubblico al sostegno del presidente nazionale dell’ordine degli architetti, Franco Miceli. Un risultato al quale si è arrivati dopo molte esitazioni soprattutto nel campo dei 5 stelle che avevano indicato un loro candidato per Palermo, Giampiero Trizzino, responsabile ambiente e consigliere regionale. Poi bypassato dal candidato spinto dal Pd dalle retrovie. Mosse sotterranee che sono piaciute poco sia al Movimento che ai giovani dem e ai civici. Ma in casa centrosinistra i passi indietro in nome dell’unità non sono mancati. Andrà dunque al candidato del Pd la candidatura per le Amministrative di Palermo. E così si prevede succederà pure per Messina, dopo che Valentina Zafarana, consigliera regionale del M5s, ha dato forfait. Il nome che si sta facendo strada nelle ultime ore è quello di Franco De Domenico, ex consigliere regionale del Pd, e segretario cittadino dei dem, fedelissimo all’ex rettore e deputato Pd, Pietro Navarra. Due candidature per i democratici, dunque, sostenute anche dal M5s che a questo punto dovrebbe incassare un risultato alle Regionali, in considerazione anche del fatto che i grillini in Sicilia mantengono percentuali solide (secondo sondaggi ancora non ufficiali). Ma come per il centrodestra, anche nel centrosinistra la partita si decide nei tavoli romani e la strada per un candidato non scelto dai dem per le Regionali pare tutta in salita.