Effetto serra. Effetto guerra. Con questo slogan sciopera domani, venerdì 25 marzo, il movimento di Greta Thunberg, con un nuovo global strike a tre anni dal primo. “Torneremo in piazza per protestare per la giustizia, per il nostro presente e il nostro futuro”, ha chiamato a raccolta l’attivista su Twitter. Hanno risposto da 89 Paesi con iniziative organizzate in 583 città del mondo. Più di 70 sono in Italia. Questa settimana è stata a Roma e al Vaticano uno dei volti più noti dei Fridays for future, l’ugandese Vanessa Nakate, per partecipare all’udienza generale. “Ho avuto l’onore di incontrare Papa Francesco”, ha poi raccontato sui social network. “Gli ho detto che il gigante petrolifero francese Total Energies distruggerà la natura e danneggerà le persone in Uganda e molto oltre”, a proposito del progetto Eacop, un oleodotto riscaldato lungo 1.443 km da oltre 200 mila barili di petrolio al giorno.
Per Fridays for future Italia ha parlato uno dei portavoce, Filippo Sotgiu, di Olbia: “La prospettiva di un futuro vivibile ci sta scivolando via dalle mani” dice; e denuncia i “vergognosi guadagni che le aziende petrolifere stanno ottenendo grazie alla guerra in Ucraina”. Il movimento punta il dito anche contro i leader europei: dicono che “stanno con l’Ucraina” ma hanno pagato 15 miliardi di euro per combustibili fossili da Putin dall’inizio della guerra, come rimarca l’attivista ucraina Ilyess.
Le rivendicazioni delle piazze italiane vanno oltre il clima e la guerra e riprendono i temi della protesta studentesca e delle occupazioni delle scuole nel nome dei ragazzi morti durante i periodi di alternanza scuola-lavoro, Lorenzo Parrelli e Giuseppe Lenoci. Aderisce anche il sindacato dei lavoratori della conoscenza Flc-Cgil e Legambiente parteciperà alla mobilitazione in 20 città. “Quello che serve con urgenza – spiega il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – è un decreto sblocca rinnovabili”.
Il giorno dopo lo sciopero, il 26 marzo, i Fridays for Future si uniranno alla protesta a Firenze del Collettivo di fabbrica ex-Gkn . “Non è possibile alcuna giustizia climatica – dichiarano – senza mettere in condizione milioni di persone di sottrarsi alle condizioni di precarietà e se non si fermano le delocalizzazioni”.