“Prima finisce meglio è: sono in corso trattative con l’Ucraina e speriamo in esiti positivi“. Il fantasma del nucleare? “Negli ultimi tempi ogni dichiarazione russa viene considerata una minaccia. Non c’è nessuna minaccia nucleare“, ma solo “riflessioni su scenari in caso di minacce per la sicurezza della Federazione russa”. Si è espresso così Sergei Razov, l’ambasciatore russo in Italia, incontrando i giornalisti di fronte alla procura di Roma in piazzale Clodio, dove ha depositato un esposto per apologia di reato e istigazione a delinquere relativo a un articolo pubblicato da La Stampa. Per l’occasione il diplomatico ha convocato un punto stampa in cui ha annunciato che avrebbe reso dichiarazioni, precisando però che non sarebbero state ammesse domande. E ha criticato la scelta del governo di inviare armi alla resistenza ucraina: “La cosa che ci preoccupa è che gli armamenti italiani saranno usati per uccidere cittadini russi. E voglio ricordare che la decisione è stata presa durante il primo round di trattative a Gomel: i fucili vengono distribuiti non solo tra i militari, ma anche tra i cittadini e non si capisce come e quando saranno usati“, ha detto, facendo un parallelo con quanto accaduto negli anni Ottanta con le forniture di armi ai mujahedin in Afghanistan.
“Il 22 marzo sul quotidiano La Stampa è stato pubblicato un articolo in cui si considerava la possibilità dell’uccisione del presidente della Russia: non c’è bisogno di dire che questo è fuori dall’etica e dalla morale e dalle regole del giornalismo”, ha esordito. “In precisa conformità alla legislazione italiana oggi mi sono recato in Procura per presentare una querela con la richiesta alle autorità italiane di esaminare obiettivamente questo caso. Confido della giustizia italiana”. Si tratta di un’analisi di Domenico Quirico – celebre inviato del quotidiano torinese – dal titolo “Se uccidere il tiranno è l’unica via d’uscita”: “Escluso l’intervento militare e amputata la soluzione diplomatica non resta che teorizzare l’omicidio dello zar per mano di un fedelissimo”, recita il sommario. “Suggerirei all’ambasciatore russo di leggere una migliore traduzione del pezzo, dove io sottolineavo che l’idea, ahimè abbastanza corrente, che l’unico modo di risolvere il problema sia che qualche russo ammazzi Putin fosse priva di senso e immorale, e questo c’era scritto bene in evidenza, e in secondo luogo che non porterebbe a niente e anzi porterebbe ad un caos maggiore”, ha replicato Quirico raggiunto all’AdnKronos.
Nel punto stampa il diplomatico ha rivendicato di lavorare in Italia da otto anni e di aver tenuto rapporti con tutti i presidenti del Consiglio che si sono succeduti, “con Renzi, Conte, Letta e adesso Draghi. Le crisi vanno e vengono, gli interessi nazionali restano. L’interesse è mantenere rapporti normali e lavoriamo per questo obiettivo. In questi anni io e i miei colleghi bbiamo fatto di tutto per costruire ponti, rafforzare i rapporti in economia, cultura e altri campi. Con rammarico adesso tutto è stato rivoltato“, dichiara. Ha inoltre invitato i giornalisti a “sentire le due parti e non solo la propaganda ucraina” sui presunti crimini di guerra commessi dalle forze russe: “Ogni giorno leggo la stampa italiana e vedo foto sulla cui provenienza ci sono dubbi”, ha detto, sostenendo che il presidente Vladimir Putin ha ordinato di colpire solo “siti militari” e “per quel che riguarda la popolazione civile, i militari russi propongono sempre di aprire corridoi verdi per permettere le evacuazioni”. L’operazione militare, ha precisato, “finirà quando saranno raggiunti gli obiettivi definiti dal presidente Putin prima dell’avvio”.
L’ambasciatore ammette di provare “molto rammarico” per la vittime civili in Ucraina, ma – dice – per “otto anni ho visto quello che hanno passato i civili nel Donbass: ci sono stati oltre 14mila morti, tra cui molti bambini. Le forze ucraine continuano a bombardare con armi pesanti i civili nel Donbass”. E cita anche la missione sanitaria russa in Italia nel corso della prima ondata di Covid, tra marzo e maggio 2020, su cui si sono concentrati sospetti di spionaggio. “Al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, ma se qualcuno morde quella mano non è onorevole”, ha detto. La missione è andata solo nei posti indicati dall’Italia, precisamente a Nembro, centro della pandemia in quel momento. Facevano solo quello che veniva detto dai colleghi italiani e la missione russa è terminata quando l’Italia ha proposto di concluderla. Le autorità italiane hanno espresso gratitudine per quanto fatto”, rivendica. Definisce, infine, “drastiche” le sanzioni disposte dall’Occidente nei confronti del proprio Paese: “Dal 2014 sono state oltre cinquemila, impossibili da calcolare. La logica non corrisponde a nessuna analisi”.