Per quale obiettivo lavorare? Senza Qatar 2022, con Euro 2024 che è traguardo minore e intermedio, l’orizzonte dei Mondiali 2026 è davvero troppo lontano: serve per forza un nuovo ciclo. Per questo il ct si deve dimettere. E non solo lui
Roberto Mancini come Lippi e Bearzot. Roberto Mancini peggio persino di Gian Piero Ventura. E no, non è una provocazione, è il verdetto del campo. La clamorosa, mancata qualificazione ai Mondiali, la seconda di fila, la sconfitta indegna in casa contro la Macedonia del Nord è senza ombra di dubbio il peggior risultato nella storia del calcio italiano.
Dimentichiamoci gli Europei: erano stati un’eccezione, un caso, un colpo di fortuna. E comunque la gioia di un trofeo non cancella 12 anni di assenza dalla Coppa del Mondo. Le responsabilità ovviamente non sono soltanto del ct, anzi, questo è il fallimento di un calcio italiano malato da tempo e di chi lo governa. Di un movimento intero che con la vittoria insperata e fortunata degli Europei ha provato a nascondere la polvere sotto al tappeto. Però in un contesto difficile, per certi versi persino ostile, Mancini ci ha messo tanto del suo.
È caduto nello stesso, identico errore dei suoi predecessori. Una maledizione che sembra perseguitare tutti i commissari tecnici che verranno ricordati sempre nella storia per i loro trionfi, e per i loro tonfi successivi. Come Enzo Bearzot dopo il Mundial ‘82, nemmeno qualificato a Euro 1984 con un girone indecoroso concluso alle spalle di Romania, Svezia e Cecoslovacchia. Come Marcello Lippi nel 2010, eliminato dai carneadi della Nuova Zelanda e della Slovacchia. Mettiamoci dentro pure Arrigo Sacchi a Euro ’96 dopo i rigori maledetti di Pasadena, e Prandelli post Euro 2012. La solita storia: il ct osannato dalla stampa, troppo sicuro di sé, prigioniero del suo stesso gruppo. Eppure lo avevamo detto tutti, subito dopo la finale di Wembley: Mancini dovrà essere bravo a cambiare qualcosa per tenere viva la fiammella magica nel gruppo azzurro. Non ce l’ha fatta, non ci ha nemmeno provato. Si è affidato agli stessi protagonisti dell’Europeo. Forse per riconoscenza, forse semplicemente per mancanza di alternative.
È vero che su questo piano gli si può imputare poco: la Serie A ha proposto nulla prima e dopo gli Europei. Però qualcosa di diverso si poteva tentare. Passi Immobile, inadeguato per i livelli internazionali, inadatto per gli schemi di questa squadra, ma comunque insostituibile viste le alternative. Però perché insistere su Barella, fuori condizione da mesi, in apnea nell’Inter e anche in azzurro? Perché riproporre Insigne, virtualmente un ex calciatore da quando ha firmato con il Toronto, peso morto già nel Napoli? Perché lasciare fuori non solo Scamacca (infortunato?), ma anche Tonali, e poi Zaniolo, l’unico talento per quanto discontinuo di questa nazionale? L’Italia ha chiuso con Joao Pedro-Raspadori, una coppia con cui una squadra in Serie A potrebbe tranquillamente retrocedere, altro che Mondiali: è un atto di accusa al movimento che l’ha prodotta, ma anche al ct che l’ha schierata.
Mancini ha fatto peggio di Gian Piero Ventura. Se guardiamo il singolo percorso di qualificazione a Qatar 2022 non ci sono dubbi. “Mister Libidine”, il ct più odiato della storia, non ce la fece in un gruppo di ferro, secondo alle spalle di una Spagna superiore, fuori allo spareggio per mano di una Svezia comunque rognosa. Un’eliminazione storica, ma per certi versi comprensibile. Questa no. Questa è arrivata al termine di un girone materasso perso a favore della modesta Svizzera, e poi addirittura in semifinale playoff (senza nemmeno riuscire ad arrivare alla sfida contro il Portogallo) della Macedonia del Nord, una squadra di Serie C europea. È il peggior risultato della storia. È una figuraccia imperdonabile, e non si possono perdonare i suoi artefici.
Non è ingratitudine. Nessuno disconosce il gran lavoro fatto negli ultimi anni: Mancini ha ricostruito la nazionale, nel gioco, nell’identità e nello spirito. Ha stabilito un nuovo record di imbattibilità e vinto un Europeo, per cui verrà ricordato. Un motivo in più per lasciare. In Italia le dimissioni non le dà mai nessuno, e in perfetta sintonia con la tradizione lui si è ben guardato dal farlo nel dopo partita. Come del resto il presidente della Figc, Gabriele Gravina: i due si sono spalleggiati a vicenda in conferenza stampa, in modo piuttosto imbarazzante, mentre si alzavano i soliti peana della stampa per invitarli a restare. Ma senza nemmeno soffermarsi troppo sulle effettive responsabilità, come potrebbe rimanere un allenatore dopo un risultato del genere? Con quale voglia, quale credibilità, quale atmosfera ripartire? È una sconfitta che distrugge tutto, non lascia nemmeno le macerie: bisogna ripartire da zero, proprio come fece lui dopo Ventura. E poi, per quale obiettivo lavorare? Senza Qatar 2022, con Euro 2024 che è solo un traguardo minore e intermedio, l’orizzonte dei Mondiali 2026 è davvero troppo lontano: serve per forza un nuovo ciclo, con un nuovo allenatore. Per questo Roberto Mancini adesso si deve dimettere. E non solo lui.