I pm hanno chiuso l’indagine e a rischiare il processo, dopo la notifica del 415 bis, c'è tra gli altri, oltre all’ex giornalista Rai, Mario Benotti e altre nove persone e quattro società. La difesa dell'ex commissario: "l comportamento di Arcuri e dell’intera struttura commissariale è sempre stato conforme al rispetto della legge e delle esigenze della collettività in un momento particolarmente drammatico"
Era apparentemente “l’offerta vantaggiosa” in un momento in cui era complicato trovare le preziose mascherine nella prima fase dell’epidemia di Covid, ma per la Procura di Roma la maxi fornitura di mascherine cinesi gestita dall’ex commissario, Domenico Arcuri, è stato oggetto di più illeciti. I pm hanno chiuso l’indagine e a rischiare il processo, dopo la notifica del 415 bis, c’è tra gli altri, oltre all’ex giornalista Rai, Mario Benotti e altre nove persone e quattro società, c’è proprio Arcuri indagato per abuso d’ufficio. Quelle mascherine poi – finite anche in strutture ospedaliere – sono state oggetto di perizia da parte di altre procure e il risultato dei test è che erano potenzialmente pericolose. Ma su questo fronte non c’è nessuna contestazione. L’abuso d’ufficio è l’unico reato rimasto in piedi, per gli altri due, corruzione e peculato – sono state archiviate.
Arcuri “nella qualità di commissario per l’emergenza sanitaria da Covid 19, dunque di pubblico ufficiale – si legge nel capo di imputazione – in concorso con Antonio Fabbrocini, rup (responsabile unico del procedimento, ndr) delle aggiudicazioni di forniture commesse dalla struttura commissariale e dunque anche lui pubblico ufficiale, e in unione e concorso per mutuo accordo con Vincenzo Tommasi” “costituivano, intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale”.
Secondo l’accusa veniva così garantita “la facoltà di avere rapporto commerciale con la Pubblica amministrazione senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina”. L’inchiesta dei pubblici ministeri, Fabrizio Tucci e Gennaro Varone, riguardava affidamenti per un valore di 1 miliardo e 250 mila euro per l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l’intermediazione di alcune imprese italiane.
A Benotti, insieme ad altri sette indagati, i pm contestano l’accusa di traffico di influenze. “Benotti – si legge nel capo di imputazione – in concorso con altri, sfruttava le proprie relazioni personali e occulte con Arcuri, ex commissario per l’emergenza sanitaria, ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner di Benotti un’esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”. Sul punto la Cassazione ha stabilito che la “relazione personale” tra Arcuri e Benotti “non rende di per sé illecito il ‘contratto’ tra il committente e il mediatore”. A Fabbrocini, accusato di frode nelle pubbliche forniture in concorso con altri, “agendo nella qualità di rup”, di falso ideologico perché “agendo in unione e concorso” con altri, “inducevano il Cts ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme Uni En” e abuso d’ufficio.
“Nel pieno rispetto del lavoro della magistratura, esprimo la mia soddisfazione per l’archiviazione delle ipotesi” di reato “relative non solo alla corruzione ma anche al peculato” dice Arcuri dicendosi inoltre soddisfatto della “possibilità di esercitare finalmente il mio diritto alla difesa in relazione alla residuale ipotesi di abuso d’ufficio”. La possibile richiesta di rinvio a giudizio per l’abuso d’ufficio, sottolinea l’ufficio stampa dell’ex commissario, si profila “tra l’altro per la mancata applicazione di un regio decreto del 1923”. E con il deposito degli atti, aggiunge inoltre l’ufficio stampa dell’ex struttura commissariale, “Arcuri potrà finalmente effettuare con piena cognizione degli atti la sua difesa”. In ogni caso, si ribadisce, “il comportamento di Arcuri e dell’intera struttura commissariale è sempre stato conforme al rispetto della legge e delle esigenze della collettività in un momento particolarmente drammatico“. Secondo la difesa dell’ex commissario l’ipotesi di abuso è “particolarmente fragile e incoerente” e dunque, conclude l’ufficio stampa, “nel rispetto dell’attività dell’Autorità giudiziaria, sarà esercitato il diritto di difesa nella maniera più intransigente possibile”.