Matteo Salvini continua a ripetere che “si parla troppo di armi e persino di nucleare”. Giuseppe Conte, rilanciando la sua leadership con il voto degli iscritti M5s, promette un “no” all’aumento dei fondi per la difesa. Ma l’ex alleanza gialloverde non è l’unica all’interno della maggioranza a manifestare malumori e tensioni per l’impegno dell’esecutivo a portare la spesa militare al 2% del Pil. “Non è con l’aumento delle spese militari dei singoli Stati che si risponde alla guerra”, ha dichiarato in un’intervista ad Avvenire Graziano Delrio, ex capogruppo e ministro Pd, esponente di tutta un’area del Partito democratico che non può restare indifferente alle parole di Papa Francesco, che ha definito “pazzi” gli Stati che scelgono la strada del riarmo. E infatti Delrio sottolinea che l’appello del Pontefice non va sminuito: “Indica una direzione ben precisa e concreta, sarebbe sbagliato ridurlo a una buona intenzione”.
A Palazzo Madama, dove mercoledì si vota il decreto sulle armi all’Ucraina, si aspetta di capire cosa farà il governo: il premier Mario Draghi ha più volte ricordato che l’aumento al 2% è previsto dall’intesa Nato, cui nessun governo è mai venuto meno finora, nemmeno i due a guida Conte. La partita vera però riguarderà poi il documento di economia e finanza, dove dovrebbe essere delineato il percorso per aumentare fino al 2% – circa mezzo punto dal livello attuale, quindi di 9-10 miliardi – i fondi a disposizione della Difesa. Negli ultimi anni il budget del ministero ha continuato a salire e così dovrebbe continuare a fare anche nei prossimi anni. Ma sempre in modo “graduale“: è il possibile compromesso per raggiungere un’intesa che tenga insieme la maggioranza.
Delrio però ad Avvenire spiega che a suo parere un aumento della spesa “non è certo la risposta” all’invasione da parte della Russia in Ucraina. “L’Europa non sa rispondere a questa grande crisi – prosegue il deputato dem – perché mancano gli Stati Uniti d’Europa con una politica estera e manca una politica di difesa comune“. E poi ricorda che “in questi anni il mondo è andato verso i trattati di non proliferazione nucleare e sono stati raggiunti degli obiettivi diplomatici verso un disarmo progressivo, non verso un rialzo”. Per questo secondo Delrio bisognerebbe tornare agli accordi di Helsinki del ’75: “La risposta deve essere quella di una cornice di sicurezza che permetta alle nazioni di impiegare meno soldi per gli armamenti. Allora anche la Russia li sottoscrisse. Oggi vanno rinnovati e rilanciati”.
In attesa della partita vera sul Def, il governo deve evitare scossoni al Senato: per sminare il passaggio del decreto sulle armi all’Ucraina, potrebbe dare parere favorevole all’odg che ha presentato Fratelli d’Italia. “I governi non cadono sugli ordini del giorno, e sul decreto ci sarà un accordo ampio al Senato, come è stato alla Camera”, afferma Delrio. “L’Italia ha risposto con grande slancio di solidarietà e non solo con la politica, penso alle città, alle famiglie che stanno accogliendo i profughi. Ma anche la politica si è unita e continuerà a esserlo”, assicura l’ex capogruppo e ministro Pd.