“Mi hanno bocciata al concorso ma il giorno dopo ero a scuola. Nella mia sessione eravamo in diciotto e solo quattro sono stati ammessi all’orale. A quanto pare, siamo tutti ignoranti ma in classe ora serviamo”. L’amarezza di Federica Ugliengo, 52 anni, docente precaria di storia e geografia in una secondaria di secondo grado, è la stessa di migliaia di insegnanti che in queste ore non hanno passato il concorso ordinario per le secondarie che si sta svolgendo in centinaia di sedi in tutta Italia, con la prova scritta da cinquanta quesiti a risposta multipla a cui rispondere in cento minuti. Per quanto riguarda le classi di concorso (come la A22, storia, geografia e italiano) che hanno già svolto la prova, si registra oltre il 90% di respinti con meno del 10%, in molti casi, di ammessi all’orale. Nove candidati su dieci non ce la fanno.
Per tutti si tratta di domande “trabocchetto”, “ostiche”, “ingannevoli”. Per molti, i quesiti posti erano persino errati. E’ il caso sollevato da Giuseppe Perdichizzi: “C’era un testo scritto da Eugenio Montale; la domanda chiedeva a quale opera appartenesse. Le opzioni erano: un articolo sul Corriere della Sera, due discorsi (uno per il Nobel e un altro relativo ad un differente premio) e poi un’opera. La risposta esatta era il discorso per il Nobel che tuttavia non è un’opera”. Anche Laura la pensa allo stesso modo: “Com’è possibile conoscere e riconoscere le parole del discorso pronunciato durante la premiazione al Nobel? Non solo è una domanda inutile che non c’entra nulla con l’insegnamento alle medie ma è completamente assurdo che venga fatta. Chi ha risposto bene lo ha fatto per caso. Il test era quasi tutto così”.
Un’ altra domanda che ha tratto in inganno molti candidati è quella di storia relativa alla fondazione dello Stato d’Israele: “Tutte le quattro opzioni riportavano la data del 15 maggio (con anni differenti e capitali diverse), mentre la data esatta, riportata su tutti i testi di geografia e di storia è il 14 maggio!”, racconta Emanuela Massaro. Un concorso troppo difficile che ha messo a dura prova chi da anni insegna come precario le discipline per le quali erano esaminati. E’ il caso di Roberta Innocenzi: “Sono ‘quasi bilingue’, ho vissuto in Inghilterra per diversi anni, ho una laurea da interprete. Le domande di inglese erano mal poste e incomprensibili. In una addirittura erano giuste due risposte. Ho avuto difficoltà nonostante abbia conseguito la mia laurea nel Regno Unito, non tanto perché non si capisse il significato letterale ma perché le risposte non erano chiare”.
La lista dei quesiti improponibili – a detta dei candidati – non ha fine: “Dato un verso random di Petrarca (uno, uno solo, praticamente un rigo quando quest’uomo ha all’attivo una raccolta di 366 poesie), ci è stato chiesto di riconoscere la figura retorica nel verso precedente. Le pare possibile?”, specifica Elisabetta Moncalieri. Nicoletta Franchini mette in dubbio proprio il senso di un concorso fatto in questo modo: “Ho trovato assurda la pretesa di saper collocare precisamente ogni personaggio della Divina Commedia. Nella prova che ho sostenuto io (A22, secondo turno) è toccato a Giustiniano. Ho risposto bene, ma il punto è: davvero dobbiamo conoscere a memoria il “Paradiso” di Dante per insegnare alle medie? Dove si studiano tre o quattro brani presi dall’ “Inferno”?”.
Lo stesso dubbio di Federica Ugliengo: “Nessuna di queste domande mi serviva come docente. Forse per chi ha pensato a questi quesiti ha senso fare il docente con il solo nozionismo. Non c’era una sola domanda sulla didattica”. La professoressa 52enne ricorda in modo particolare un paio di quesiti che ritiene assurdi. Il primo: “Saba come considera la sua poesia?”. La risposta poteva essere “Ermetica, pura o pulita”. Il secondo caso di storia; su un trattato sconosciuto ai più è stato chiesto se era del 1870 o del 1871: “Che senso ha – precisa Ugliengo – questa precisione su un documento che nessuno aveva mai sentito?”. E poi c’è Federica che racconta di un quesito a cui la maggior parte non ha saputo rispondere o lo ha fatto a caso. La terzina in questione era: “Perché tu mi dischiomi/ né ti dirò ch’io sia, né mosterrolti/ se millefiate in sul capo mi tomi…”. Bisognava indovinare di chi fosse. La risposta esatta era: Bocca degli Abati, un nobile fiorentino di fazione ghibellina, vissuto nel XIII secolo, che nessuno ha mai sentito.
Un concorso delusione che ha sconfortato la maggior parte dei candidati e soprattutto coloro che da anni, da precari, insegnano: “Quando sono arrivata nel mondo della scuola – dice Federica Ugliengo – provenendo da un’azienda, mi hanno buttata in classe allo sbaraglio senza che nessuno si interessasse di ciò che sapevo e come sapevo insegnarlo. Ora mi hanno bocciato sul nozionismo ma il giorno dopo sono ritornata in aula. Non ha senso nulla”.