“È vero, siamo stati low-cost, ma non vogliamo più rappresentare semplicemente ‘il prezzo più basso’, bensì quello più giusto. Tant’è vero che non vendiamo quasi più allestimenti base”. Parola di Guido Tocci, responsabile di Dacia Italia. Nel nostro Paese il 95% delle vetture del marchio romeno finiscono in mano a clienti privati, un dato da non sottovalutare: significa generare una buona profittabilità, anche per la rete di vendita. E la ricetta della “pragmatismo ben confezionato” sta convincendo sempre di più gli automobilisti italiani, tanto che in questo primo trimestre del 2022 Dacia si sta contendendo la prima posizione come brand straniero di maggior successo, grazie a un portafoglio ordini che supera le 20 mila unità.
Ciò avviene, peraltro, in un momento in cui la marca è alle prese con la definizione di una nuova identità – che coincide pure con un restyling della rete commerciale – che, però, conservi i valori che ne hanno decretato il successo commerciale. Non è un mistero, infatti, che Dacia sia sempre più colonna portante del gruppo Renault, a cui fa capo. Il cambio di passo dal brand è stato innescato dall’arrivo di Luca de Meo alla guida del gruppo transalpino: l’intento, come scritto pocanzi, è scrollarsi di dosso l’aura da low-cost, confermandosi al contempo come campioni del rapporto qualità/prezzo.
Un’operazione in cui pure il design ha un ruolo importante, perché lo stile rimane sempre ai primi posti fra i motivi di acquisto di una vettura. “Ricordo, qualche anno fa, quando giravo per i concessionari della nostra rete e le vetture Dacia erano sempre posizionate negli angoli più nascosti degli show-room”, svela Tocci: “Non c’era fierezza di esporle. Oggi però non è più così, perché le nostre vetture sono percepite come piacevoli anche dal punto di vista stilistico”. Certo, non parliamo di capolavori alla Pininfarina, ma è indubbio che il marchio abbia fatto passi da gigante anche in questo senso. Del resto, “il buon design non costa nulla”, asserisce Tocci: “quindi, perché non proporre vetture dallo stile gradevole?”. Domanda lecita.
Tuttavia, in Dacia la parola d’ordine rimane concretezza: se la tecnologia full hybrid by Renault arriverà sulle vetture del marchio romeno a partire dal 2023 – la prima a beneficiarne sarà la Jogger –, oggi sette Dacia su dieci fra quelle vendute nel nostro Paese hanno motore Eco-G, cioè con propulsore benzina/Gpl. Il 40% delle auto a Gpl immatricolate in Italia nel 2021 aveva il marchio di Pitești sul cofano, mentre in Europa la quota di mercato sale addirittura al 60%. Significa che questa alimentazione è un asset fondamentale per la marca. Senza contare che a differenza di prezzo fra un litro di benzina e uno di gas si aggira mediamente attorno a un euro.
Ciò significa, per fare un esempio, che su una Duster i circa 600 euro di listino in più richiesti dalla motorizzazione Eco-G rispetto all’equivalente solo a benzina si recuperano in meno di 9 mila km di utilizzo. E su 60 mila km si risparmiano circa 3.250 euro sullo stesso motore alimentato a benzina. I vantaggi delle versioni Eco-G sono pure ambientali. Infatti, le Dacia della gamma sono spinte da un tre cilindri turbo da 1 litro di cubatura, 100 Cv di potenza e 170 Nm di coppia: quando funziona a Gpl anziché a benzina, il motore emette subito il 10% di CO2 in meno e circa il 55% in meno di NOx, mentre il particolato fine cala fino a 10 volte. Il tutto senza alcun tipo di elettrificazione, che finirebbe per gravare sui portafogli della clientela.