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Giorgia Soleri, la fidanzata di Damiano dei Maneskin: “Per la mia diagnosi di endometriosi ci sono voluti 11 anni. Il mio dolore non veniva ascoltato”

Giorgia, frangettina e caschetto da ragazzina, racconta tutta la sua vicenda. Dall’inizio alla fine. Ma soprattutto accusa: “Per la mia diagnosi di endometriosi ci sono voluti 11 anni. Solo un anno fa ho ricevuto la diagnosi, nonostante fossi convinta già da qualche anno di soffrirne”

di Simona Griggio

Sul suo Instagram fra le altre descrizioni di sé compare questa: “Principessa del dolore pelvico cronico”. Giorgia Soleri, influencer, fidanzata di Damiano dei Måneskin, aggiunge questa voce alle altre del suo profilo più ridanciane. Come quella di “femminista guastafeste”. Due descrizioni che però non sono così lontane fra loro. Perché? Lei, 26 anni, è una donna che lotta. In questo caso vuole sensibilizzare su un argomento femminile importante che riguarda moltissime altre. L’endometriosi, malattia che colpisce in giovane età e può persino mettere a rischio la fertilità o rendere difficile e dolorosa la vita sessuale. Lo fa in un un video appena pubblicato su Repubblica. Giorgia, frangettina e caschetto da ragazzina, racconta tutta la sua vicenda. Dall’inizio alla fine. Ma soprattutto accusa: “Per la mia diagnosi di endometriosi ci sono voluti 11 anni. Solo un anno fa ho ricevuto la diagnosi, nonostante fossi convinta già da qualche anno di soffrirne”.

Passo dopo passo, ecco cosa è accaduto. Giorgia soffriva di dolori mestruali lancinanti, con cicli che duravano anche dieci giorni. A volte sveniva ed era costretta a letto per una settimana. Nonostante si fosse rivolta a centri specializzati e medici questa malattia non le è stata riconosciuta per più di un decennio. Poi la svolta. La diagnosi le permette di dare un nome alla sofferenza che le invalida la vita. Il sollievo di sapere di cosa sta soffrendo la induce ad aprirsi. All’urgenza di far conoscere alle altre donne la strada per superare questa malattia invisibile, perché spesso riconosciuta tardivamente. “Purtroppo c’è un grandissimo stigma nei confronti del dolore mestruale femminile e più in particolare di quello sessuale. Che viene normalizzato”, spiega. In che senso normalizzato?

Quando Giorgia si sfogava, cercava empatia per quella sofferenza che per lei era ingestibile e invalidante, le dicevano: “Solo tu ti lamenti così, avrai una soglia del dolore troppo bassa. Forse esageri”. Convivere con un dolore cronico è una sfida quotidiana, non solo perché diventa impossibile pianificare qualsiasi cosa, dal lavoro a una semplice vacanze. Ma per l’ansia che provoca non sapere come affrontarlo. Per essere quasi giudicati ipocondriaci. “Una delle cose che mi ha fatto soffrire di più – specifica – è il fatto che il mio dolore non venisse ascoltato. Riconosciuto. Né dalle persone che avevo intorno né dal personale medico sanitario”. Poi affronta un altro tema importante: l’esenzione sanitaria per quanto riguarda l’endometriosi, che oggi è prevista solo per gli stadi avanzati della malattia. Inoltre: “Mancano specialisti nel pubblico. E le spese da affrontare nel privato sono difficili da sostenere”.

Sul suo Instagram, ormai seguito da oltre 500 mila follower, ha deciso di dedicare a tutti dei video-appuntamenti con testimonianze di donne affette dalla malattia e di esperti. Come le volontarie dell’Associazione Progetto Endometriosi – Ape. Una fan la ringrazia così: “Hai fatto una cosa stupenda, stamattina hai esplicitamente detto di non essere in forma ma nonostante tutto oggi pomeriggio ti sei confrontata con varie persone che hanno sofferto e che tutt’ora soffrono come te; so anche che faresti qualsiasi cosa pur di salvaguardare le donne che ne soffrono”.

La modella e influencer ci aveva già messo la faccia qualche settimana fa pubblicamente. Raccontando per la prima volta davanti alla telecamera il suo stato di malata cronica. Ospite di Tonica, il late show musicale di Rai 2, aveva condiviso la sua afflizione in un monologo. “L’anno in cui ho cominciato a stare male è stato l’anno in cui ho cominciato a lavorare. L’anno del primo tatuaggio, l’anno della scoperta del sesso: avevo 16 anni. Da allora sono sempre stata accompagnata dal dolore come un’ombra”. La “malattia invisibile”, come la chiama ormai Giorgia Soleri, le ha creato angoscia e senso di inadeguatezza. In un post sui suoi canali social spiega chiaramente cosa ha subito: “Mi sono sentita dire di tutto, che sono pazza, ansiosa, frigida, bugiarda. Che ho paura del sesso, che dovrei masturbarmi di più”. Ecco apparire un altro pregiudizio: la vulvodinia, connessa anche alla sfera piacere sessuale femminile perché lo invalida, sarebbe ancora legata a un tabù?

Ma prima di svilupparla ci sarebbero alcuni consigli di prevenzione: indossare indumenti intimi di cotone, optare per abiti ampi, utilizzare assorbenti in garza. Evitare detergenti. Ma quando si manifesta, la prima cosa da fare è diagnosticarla. E non avere paura di parlarne. O almeno indirizzarsi su chi può capire e indirizzare la donna che ne è coinvolta. Con empatia.

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