In serata l’intesa - cercata con una riunione, in videocollegamento, tra il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà e i vertici dei vari gruppi a Palazzo Madama e delle due commissioni Esteri e Difesa - non è stata trovata. L’opzione sul tavolo era quella di un ordine del giorno unitario della maggioranza. Si va verso la questione di fiducia che farebbe cadere la mozione di Fdi che vincola il governo al 2024
Per ora sono arrivate solo fumate nere ai tentativi di mediazione del governo in vista dell’arrivo al Senato del decreto Ucraina, che prevede anche l’aumento fino al 2% del pil per le spese militari. Una vicenda che rischia di spaccare la maggioranza a Palazzo Madama, motivo per cui il governo valuta la questione di fiducia. E il presidente del Consiglio Mario Draghi ha in programma un incontro con il presidente del M5s Giuseppe Conte. Il Movimento è infatti contrario all’innalzamento della soglia, come anche Leu. Pronto a trattare il governo, fermo sugli impegni presi a livello militare ma anche pronto a valutare il voto di fiducia per ‘salvare’ il provvedimento azzerando tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno come quello di Fratelli d’Italia che lo impegna a raggiungere il 2 per cento nel 2024.
In serata l’intesa – cercata con una riunione, in videocollegamento, tra il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà e i vertici dei vari gruppi a Palazzo Madama e delle due commissioni Esteri e Difesa – non è stata trovata. L’opzione sul tavolo era quella di un ordine del giorno unitario della maggioranza (in aggiunta a quello di FdI) che desse il segno della compattezza nonostante tutto e su cui ad esempio era stato immaginato un rimando vago al Def sulle spese militari, specificando che l’arrivo al 2% del pil sarebbe un obiettivo graduale. Il M5s ha ribadito la sua “ferma contrarietà all’odg al decreto Ucraina, di minoranza o maggioranza, che prevedano incrementi straordinari della spesa militare”.
Se la maggioranza voterà in maniera difforme, spiegano fonti del Movimento, “non sarà certo la prima volta e ciascuno si prenderà la responsabilità delle sue scelte. Ai rappresentanti del Governo presenti in riunione abbiamo chiarito che questa è la posizione del M5S e abbiamo chiesto loro tenerne conto nella stesura del Def”. M5S e Leu sono quindi rimasti sulle barricate rifiutando ogni tipo di mediazione proposta, che poteva entrare – in caso di accordo – in un ordine del giorno ad hoc. La gradualità dell’aumento delle spese militari non ha trovato infatti un punto di caduta. A questo punto resta sul tavolo l’odg di Fratelli d’Italia – che potrebbe essere recepito dal governo – lasciando libertà ai partiti di votare in commissione. Nel caso in cui non cambiassero le posizioni l’esecutivo ha annunciato durante il vertice che in Aula metterà la fiducia.
Al termine del Consiglio europeo Draghi aveva lanciato un messaggio chiaro, ricordando a tutti che in questo momento “l’unica cosa che può fare una politica che vuole bene al Paese e vuole la pace è stare uniti”. Conte tuttavia ha tenuto il punto ribadendo che gli impegni con la Nato “sono stati presi nel 2014, non sono stati onorati e non possono essere onorati dopo due anni di pandemia e in un momento di emergenza energetica. Farlo con una tempistica così stretta sarebbe una presa in giro per gli italiani”. Nel pieno del braccio di ferro, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, intervenendo alla cerimonia per i 99 anni dell’Aeronautica militare, ha intanto sottolineato che gli investimenti per la Difesa sono “importanti e funzionali ai nostri beni più preziosi, la sicurezza, presupposto imprescindibile per la pace, giacché la capacità di deterrenza è fondamentale per preservare i valori fondamentali della nostra società e le conquiste delle nostre democrazie, recentemente drammaticamente messe a repentaglio dalla sanguinosa invasione dell’Ucraina”.
Martedì il dl Ucraina sarà all’esame delle commissioni Esteri e Difesa di Palazzo Madama (si riuniranno in seduta comune dalle 14.30) mentre la discussione generale in Aula dovrebbe cominciare tra mercoledì e giovedì. Con all’orizzonte l’ennesima fiducia da parte del governo. Proprio la fiducia automaticamente blinderebbe il decreto, facendo decadere ogni mozione collegata compresa quella di Fdi che impegna il governo a rispettare gli impegni e le tempistiche. Sarebbe l’estrema ratio per ‘salvare’ il provvedimento – passato indenne e senza fiducia a Montecitorio – visto che tutti confermerebbero la fiducia. M5s compreso.