La più pesante ed efficace delle sanzioni è forse la guerra stessa. Secondo alcune stime, elaborate da un gruppo di economisti ed analisti ucraini e condivise dall’autorevole centro studi statunitense Rand corporation specializzato anche in ricerche per il settore della difesa, il conflitto in corso potrebbe arrivare a costare a Mosca 20 miliardi di dollari (18 miliardi di euro) al giorno, una cifra che viene definita conservativa. Naturalmente non si tratta di soldi che il Cremlino deve pagare quotidianamente, se non in minima parte, ma delle perdite economiche in senso lato che subisce ogni giorno il paese. Oltre alle spese vive come munizioni, carburante o il mantenimento di truppe ed ospedali da campo, ci sono i costi inflitti dalle perdite di uomini e mezzi. Questi ultimi molto difficili da conoscere con esattezza in questa fase. Sta di fatto che l’abbattimento di un jet militare significa mandare in fumo un’ottantina di milioni di dollari. Un elicottero d’assalto vale circa 15 milioni, un carro armato 2,3 milioni. Un solo missile può costare oltre 100mila dollari. In questa lugubre contabilità si prova a quantificare anche l’impatto, della perdita di un soldato. Il mancato apporto alla crescita economica del paese viene stimato in circa 520 mila euro per ogni vittima, utilizzando metriche che sono adoperate anche nei calcoli dei premi assicurativi.

Nelle prime 100 ore di guerra la Russia ha preso ad esempio 29 jet, con un costo di 2,5 miliardi di dollari. Ventinove sono anche gli elicotteri abbattuti, che incidono per 408 milioni. Sono andati distrutti oltre 75 pezzi di artiglieria per un valore complessivo di 117 milioni. E ancora, la predita di 191 carri armati ha inflitto un danno di 450 milioni, i veicoli armati altri 800 milioni. E poi le (stimate) 5.300 vittime tra i soldati di Mosca, che significano un mancato apporto al Pil per 2,7 miliardi di dollari. Più i caduti aumentano più questo danno all’economia diventa profondo e duraturo. Al momento le stime sulle vittime nell’esercito russo vengono stimate tra le 10 e le 15mila.

I costi, secondo le simulazioni, sono destinati ad aumentare via via che il conflitto si protrae. Se queste stime sono corrette, o comunque verosimili, la Russia avrebbe accumulato in questi 31 giorni di guerra perdite per oltre 500 miliardi di dollari, un terzo del suo prodotto interno lordo. Una stima che trova un qualche riscontro nelle parole del ministro della difesa ucraino secondo cui le spese di Mosca ammontano sinora a 580 miliardi di dollari. Circolano voci, non confermate, secondo cui Mosca avrebbe fissato il 9 maggio come data ultima entro cui concludere la campagna. Sono altri 40 giorni di guerra. In questa sventurata ipotesi il costo finale del conflitto per il paese invasore sfonderebbe i mille miliardi di dollari. Poco meno della ricchezza che tutta l’economia russa riesce a produrre in un anno e con perdite, come quelle di capitale umano, destinate a zavorrare la produttività del paese anche negli anni a venire. Se questi calcoli, sempre troppo asettici quando si parla anche della vita di persone ma comunque necessari, offrono un motivo in più per sperare che le ostilità possano cessare in tempi brevi, hanno anche un risvolto più inquietante. Impegnarsi in una guerra lunga e trascinata è enormemente costoso. Messa alle corde anche sul piano delle spese Mosca potrebbe ricorrere a soluzioni belliche più radicali. Opzione che rimane improbabile ma che esiste.

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