Da un lato il kolossal sci-fi di Denis Villeneuve che vince sei Oscar su dieci nomination; dall’altro il remake formato Disney della domenica pomeriggio di una commediola francese su una famiglia di sordi che ne vince tre su tre tra cui il più importante, quello per il Miglior Film
Coda e Dune trionfano agli Oscar 2022. Un testacoda qualitativo, stilistico, cinematografico come mai accaduto negli ultimi anni. Da un lato il kolossal sci-fi di Denis Villeneuve che vince sei Oscar su dieci nomination; dall’altro il remake formato Disney della domenica pomeriggio di una commediola francese su una famiglia di sordi che ne vince tre su tre tra cui il più importante, quello per il Miglior Film. Oscar tecnici vs Oscar artistici, insomma. Oramai con l’Academy da diversi anni va così. Bilancini, manuali Cencelli del politicamente corretto, fettine di premio tagliate come Leatherface. Ma andiamo con ordine, schivando i pungi di Will Smith in diretta mondiale. Coda vince l’Oscar come Miglior Film, Miglior sceneggiatura non originale della regista Sian Heider e l’Oscar per il bravo Troy Kostur come Attore Non Protagonista.
Coda è l’acronimo di Children of deaf adults, cioè “figli di adulti sordi”, è racconta la storia di una famiglia di pescatori sordi di un paesino della costa est statunitense. Padre (Kostur), madre, fratello maggiore e figlia diciassettenne che lavorano alacremente tra barca e mercato per campare. La ragazza (Emilia Jones) però ha il dono della parola e dell’udito, anzi addirittura ha una voce da prima della classe che potrebbe farla sfondare al college. Solo che è anche l’unica interprete tra i suoi genitori e il mondo esterno fatto di lavoro, leggi, ostacoli. Toccante e lacrimoso, rifacimento dell’ancor più grezzo La famiglia Belier, Coda è un po’ un inno all’attenzione verso una comunità spesso trascurata e lasciata ai margini della società, come quella invisibile e silenziosa dei sordi. Non per questo l’opera seconda della Heider è un film memorabile, anzi. Ma nulla, dicevamo, agli Oscar deve andare così, a tutta birra con il cinema dei messaggi.
L’altro film trionfatore della serata è Dune, la megaproduzione Warner che ha aperto l’ultimo festival di Venezia. Sei Oscar tecnici, ma non proprio da ridere: Suono, Effetti Speciali, Fotografia, Production Designer, Montaggio e Colonna Sonora del veterano Hans Zimmer. Chissà come hanno fatto i membri dell’Academy a fermarsi appena dopo le doti tecniche senza aver seguito storia, interpretazioni e soprattutto la cucitura sontuoso di messa in scena firmata Villeneuve. Coda e Dune tolgono visibilità a quello che poteva essere, e che non è stato, l’asso pigliatutto della serata: The Power of the dog. Su ben 12 nomination solo una si è tramutata in Oscar. Parliamo della statuetta per la miglior regia alla neozelandese Jane Campion: siamo così a due donne di fila che vincono in questa categoria, ma soprattutto ad un’assenza di registi statunitensi d’origine: bisogna tornare al 2016 con Damien Chazelle o a al 2009 proprio con l’altra regista vincente prima della Zao, Kathryn Bigelow.
Il palmares poco ispirato degli Oscar 2022 prevede anche l’Oscar come miglior attore a Will Smith per aver interpretato il padre delle sorelle Williams in King Richard (del pugno a Chris Rock e delle lacrime di coccodrillo scriviamo qui) e a Jessica Chastain per Gli occhi di Tammy Faye (film che riceve anche l’Oscar come Miglior Trucco). Curioso tra l’altro che la Chastain interpreti con notevole trasporto e intensità i panni dell’omonima telepredicatrice evangelica anni settanta che però è ricordata guarda caso per la sua sensibilità verso i malati di AIDS, i gay e le lesbiche. Tra le attrici non protagoniste ha invece vinto l’arrembante Ariana DeBose per West side story di Spielberg. La DeBose interpreta Anita, il ruolo che fu di Rita Moreno nel film originale di Robert Wise nel 1961 e che ad anch’essa valse l’Oscar.
Qualche briciola sul palco del Dolby Theatre la raccoglie un oramai celebrato mammasantissima di Hollywood, ovvero Kenneth Branagh per la confusionaria Sceneggiatura Originale di Belfast; mentre il frizzante Crudelia guadagna l’Oscar per i migliori costumi (al terzo Oscar la Jenny Beavan di Camera con vista e Mad Max Fury Road). Miglior film Straniero, come abbiamo scritto qui, è il giapponese Drive My Car; mentre il miglior film d’animazione è per l’ennesimo anno targato Disney con Encanto. A mani completamente vuote sia Flee, sia Licorice Pizza, ma soprattutto Don’t look up. Billie Eilish e Finneas O’Connell hanno portato a casa la statuetta per la canzone No time to die per l’ultimo Bond.
La serata è iniziata piuttosto tirata con una Beyoncé in giallo e in grande spolvero coreografico outdoor. Poi è stata gestita con una certa ilarità dal trio di commedianti: Amy Schumer, Regina Hall e Wanda Sykes. Alla Schumer l’Oscar per la miglior battuta della serata: in tre – riferendosi a lei e alle sue due colleghe presentatrici- costiamo meno di un uomo. La Hall, da single quale è in privato, ha voluto invece organizzare un siparietto buffo dove ha invitato diverse celebrities maschili ad un approfondito test Covid dietro le quinte. Tra i pazienti Bradley Cooper e quel Timothée Chalamet che si è presentato vestito come un tamarro anni ottanta, giacchetta appariscente e sotto il vestito… niente. Il minuto di silenzio come supporto per la popolazione ucraina è sbucato a circa metà spettacolo, mentre le apparizioni di Johnny Depp, di un minicast de Il Padrino e di Pulp Fiction hanno fatto il resto. Depp è riuscito a solcare gli schermi dell’Academy e a fare breccia tra i colleghi di Hollywood, nonostante i rapporti si siano conclusi da tempo dopo i suoi guai giudiziari, grazie al lavorio incessante dei suoi fan che l’hanno votato per settimane facendolo finire in una top five per la miglior battuta da film dell’anno votata solo dagli spettatori. Depp è quindi apparso per pochi istanti dal film Minimata.
Ammirevole, anche se rapidissimo, l’omaggio ai 50 anni de Il Padrino con Coppola, Pacino e De Niro sul palco. Ha parlato solo il regista ringraziando Mario Puzo e dichiarando un risorgimentale “viva l’Ucraina”. Altrettanto rapido l’arrivo sul palco di Samuel L. Jackson, Uma Thurman e John Travolta per un fulminante ricordo dei 30 anni di Pulp Fiction con Uma e John che per qualche istante hanno accennato i loro passi cult sulle note di Chuck Berry. Infine per la prima volta è apparso un cagnolino sul palco degli Oscar (è stata Jamie Lee Curtis a tenerne uno in braccio mentre ricordava la scomparsa della collega Betty White) e l’annuncio del miglior film dato da Lady Gaga e da una irriconoscibile e malata Liza Minnelli.
ECCO TUTTI I VINCITORI:
Miglior film: Coda
Migliore attrice protagonista: Jessica Chastain (Gli occhi di Tammy Faye)
Miglior attore protagonista: Will Smith (Una famiglia vincente – King Richard)
Migliore regia: Jane Campion (Il potere del cane); Migliore canzone: No time to die – Billie Eilish e Finneas O’Connell (No time to die)
Miglior documentario: Summer of Soul
Miglior sceneggiatura non originale: Sian Heder (I segni del cuore – CODA)
Miglior sceneggiatura originale: Kenneth Branagh (Belfast)
Migliori costumi: Jenny Beavan (Crudelia)
Miglior film internazionale: Drive My Car (Giappone – Ryusuke Hamaguchi)
Miglior attore non protagonista: Troy Kotsur (I segni del cuore – CODA)
Miglior film d’animazione: Encanto
Migliori effetti speciali: Paul Lambert, Tristen Myles, Brian Connor e Gerd Nefzer – Dune (Dune: Part One)
Miglior fotografia: Greig Fraser – Dune (Dune: Part One)
Miglior attrice non protagonista: Ariana DeBose (West Side Story)
Miglior trucco: Linda Dowds, Stephanie Ingram e Justin Raleigh – Gli occhi di Tammy Faye (The Eyes of Tammy Faye)
Miglior sonoro: Mac Ruth, Mark Mangini, Theo Green, Doug Hemphill, Ron Bartlett – Dune (Dune: Part One)
Miglior scenografia: Patrice Vermette – Dune (Dune: Part One)
Miglior montaggio: Joe Walker – Dune (Dune: Part One)
Miglior colonna sonora: Hans Zimmer – Dune (Dune: Part One)
Miglior cortometraggio: The Long Goodbye, regia di Aneil Karia e Riz Ahmed
Miglior corto documentario: The Queen of Basketball, regia di Ben Proudfoot
Miglior corto d’animazione: The Windshield Wiper, regia di Alberto Mielgo e Leo Sanchez