di Alessandro Pezzini

Una decina di anni fa, cercavo qualcosa da fare per occupare il mio tempo libero ed ho iniziato a fare un po’ di cabaret.
“Devi andare a Zelig”, mi dicevano da bambino le zie.
Ci ho creduto.
Mi sentivo simpatico ed ho provato a sfruttare questa mia caratteristica, capendo ben presto che far ridere in maniera professionale non sia una cosa da tutti.

Non è tanto questione di simpatia ma di tecnica dettata dal tenere il giusto ritmo, vivere dentro al proprio testo, sorprendere il pubblico, saper occupare la scena ed azzeccare la posizione delle proposizioni.
Ingredienti che non volevo mi appartenessero.
Forse proprio perché mi sentivo simpatico “di natura” e non capivo perché degli sconosciuti non ridessero spontaneamente delle mie battute tanto quanto le mie zie.
Risultato? A 23 anni ero già un cabarettista serenamente e consapevolmente fallito.

Questa premessa mi serve, prima di scrivere la prossima frase, per ammettere che il mio parere in tema di comicità non sia affatto autorevole.
La frase è la seguente: Will Smith ha fatto benissimo ad arrabbiarsi con Chris Rock che ha preso in giro sua moglie dal palco degli Oscar 2022.

Dei miei pochi anni di pratica ricordo bene che, al termine di un casting, si va creando spontaneamente il capannello dei frustrati a cui è stato detto di no. La mia era una presenza fissa.
Ciò che ci si diceva, nella percezione di essere parte di un nuovo Umanesimo a cui il mondo resisteva, può essere riassunto così: “Bisogna essere commerciali. La satira viene censurata”.
Ecco. La satira.

L’idea di chi sale sul palco ed ironizza sul malcapitato di turno è quella di fare satira, svilendone l’importanza plurimillenaria all’interno della storia della letteratura. Gli autori del casting dicono di no? Il capannello, all’unisono, dice una frase standard, che è diventata un cult tra i commentatori seriali dei social: “Ormai non si può più ridere di niente”.
No, caro capannello. È che le tue non erano buone battute.

Ed è questo il punto per cui Will Smith ha fatto bene ad arrabbiarsi, prendendo pubblicamente le parti di sua moglie.

Chris Rock ha ironizzato sui capelli rasati a zero della moglie di Will Smith – la quale soffre di alopecia – ed a cui il comico ha, dal palco, chiesto se si stesse preparando a girare “Soldato Jane 2”, alludendo al look di Demi Moore nel film.
Questa non è una buona battuta.

Non essendo il mio un parere autorevole, scomodo quello di Sua Maestà della scorrettezza: Ricky Gervais.
Una delle battaglie di Ricky Gervais è quella di spiegare al pubblico medio il motivo per cui, a suo avviso, anche la sua battuta più cattiva non debba essere considerata offensiva: “Si può scherzare su tutto. Dipende dalla battuta”, dice spesso lui.
La differenza sta in quale siano il soggetto e l’oggetto della battuta.
Si può, a suo dire, scherzare su qualsiasi tema, a patto che le vittime di eventi drammatici siano il soggetto e non l’oggetto del gioco.

Nel caso di Chris Rock, Jada Pinkett Smith è, in quanto donna calva, l’oggetto del gioco.
La signora Smith è stata presa in giro in mondovisione per la sua alopecia e suo marito ha preso le sue difese.
Certo: la reazione di Will Smith è stata quantomeno sanguigna ma è ragionevole credere che una donna affetta da alopecia affronti un percorso quotidiano basato sull’accettazione del proprio aspetto esteriore, vanificato da una battutaccia di fronte a tutto il mondo. Non penso che per la famiglia Smith questo sia un tema piacevole sul quale essere oggetto di scherzi.
La signora Smith ne è infatti uscita umiliata.
Per questo non è una buona battuta.

La satira deve essere una puntina da disegno sulla poltrona di chi è convinto di essere in una posizione di comoda superiorità rispetto agli altri.
In questo, è bene ricordare le meravigliose motivazioni che hanno portato Dario Fo a vincere il Premio Nobel, “che nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati”.

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