“Nel 2022, a trent’anni delle stragi, la nostra realtà politica è ancora condizionata da soggetti che sono stati condannati per mafia“. Parola di Nino Di Matteo, il magistrato che ha dedicato la sua intera carriera a indagare sui rapporti tra Cosa nostra e la politica. Oggi consigliere togato del Csm, Di Matteo si riferisce allo scenario politico di Palermo, la sua città, chiamata ad eleggere il sindaco tra qualche settimana. “Ci sono dei momenti in cui questo Paese sembra che torni indietro, ci sono momenti in cui questa città sembra che torni indietro. Non mi dà nemmeno tanta specie e paura questo, ma l’accettazione di questa situazione come normale”, ha detto il magistrato, durante un dibattito organizzato al circolo del tennis di Palermo, per presentare il suo ultimo libro, “I nemici della giustizia”, edito da Rizzoli e scritto insieme al giornalista Saverio Lodato. Il video dell’intervento è visibile sul sito di Antimafia duemila.

Di Matteo si riferiva esplicitamentea Marcello Dell’Utri e Salvatore Cuffaro. Il primo ha scontato una condanna definitiva per concorso esterno a Cosa nostra: raccontano le cronache politiche che nell’ultima settimana è tornato a muoversi sullo sfondo delle dinamiche palermitane in vista delle comunali. “Ritengo che Roberto Lagalla sarebbe un ottimo sindaco”, ha detto Dell’Utri al fattoquotidiano.it. L’ex governatore Cuffaro, invece, dopo aver scontato una condanna a sette anni per favoreggiamento alla mafia è tornato a fare politica rilanciando la Democrazia cristiana. “Poco più di due settimane fa, aprendo le pagine dei quotidiani nazionali, a proposito di scelte che dovranno essere fatte sui candidati sindaci a Palermo, ho letto che in quel giorno avevano preso posizione, per cercare di orientare le scelte dei partiti su alcuni candidati, da una parte l’ex senatore Dell’Utri, che si diceva in quegli articoli essere stato inviato dall’onorevole Berlusconi in Sicilia per risolvere il problema della candidatura, e dall’altra parte l’ex Presidente della Regione Cuffaro, che cercava di orientare la scelta verso candidati graditi a lui e alla sua parte politica”, ha continuato Di Matteo.

“Sono due soggetti – ha ricordato il magistrato – che hanno scontato la loro pena e che quindi hanno diritto di esprimere le loro opinioni. Sono interdetti da pubblici uffici, quindi non possono assumere in prima persona incarichi politici o incarichi pubblici. Ma io pensavo questo: nel 2022, a trent’anni delle stragi, la nostra realtà politica è ancora condizionata da soggetti che sono stati condannati per mafia. Non che sono stati indagati, ma condannati. E non mi dà nemmeno tanta specie e paura questo, ma l’accettazione di questa situazione come normale. Il fatto che nessuno, o pochi, sottolinei questa situazione di fatto che non è uno stigma perenne nei confronti dei soggetti che hanno scontato la loro condanna, ma è una constatazione. Oggi viene accettato che il candidato, o uno dei candidati a sindaco di questa città, venga deciso con l’apporto fondamentale di un soggetto, Marcello Dell’Utri, che una sentenza definitiva dice essere stato il garante e primo artefice di un patto intervenuto tra l’allora imprenditore Silvio Berlusconi e Cosa nostra. Queste sono sentenze definitive, ma fa comodo a tutti ignorarle, ignorare i fatti”.

Già nelle scorse settimane un altro magistrato antimafia, Luigi Patronaggio, aveva commentato il ritorno nelle dinamiche politiche di Cuffaro e Dell’Utri. “Mi indigna che persone condannate per mafia, per partecipazione esterna, per favoreggiamento aggravato, continuino a far politica e pretendano, ad esempio, di stabilire chi deve fare il sindaco a Palermo”, aveva detto l’ex procuratore di Agrigento, appena nominato a Cagliari.

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