Il gruppo di Visegrad si spacca sull’Ucraina. Il conflitto avviato dal presidente Vladimir Putin mette in evidenza una delle principali, se non la più importante, divisione interna al gruppo dei quattro Paesi Ue (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) fino ad oggi mai emersa chiaramente. Se sul tema migratorio e dello Stato di diritto i governi dell’est hanno sempre mostrato compattezza, in contrasto con quella che era invece la linea più diffusa tra i 27 Paesi membri, l’invasione russa dell’Ucraina provoca diverse reazioni nelle quattro cancellerie che mostrano un approccio diverso legato anche alle differenti esperienze sotto l’ombrello sovietico.
La rottura arriva da Polonia e Repubblica Ceca che hanno fatto sapere di non avere alcuna intenzione di inviare i propri rappresentanti alla riunione ministeriale del gruppo di Visegrad convocata a Budapest. Il motivo, hanno spiegato, va rintracciato nella posizione assunta dal governo ungherese di Viktor Orban sul conflitto tra Russia e Ucraina e per i legami tra l’esecutivo e il Cremlino. “Ho sempre appoggiato il V4, ma sono addolorata dal fatto che adesso i politici ungheresi ritengano più importante il petrolio russo a buon mercato rispetto al sangue ucraino“, ha detto la ministra della Difesa ceca, Jana Cernochova. Anche il suo collega polacco, Mariusz Blaszczak, ha annunciato che non prenderà parte al vertice di Budapest.
Nelle sue motivazioni, Cernochova fa riferimento alla posizione assunta dal primo ministro ungherese nel corso della discussione sulle possibili sanzioni europee sulle risorse energetiche russe. Se l’Europa in generale può dirsi dipendente da gas e petrolio russi, questo vale ancora di più per i quattro Paesi del gruppo di Visegrad, con percentuali intorno all’80%. Se, però, Polonia e Repubblica Ceca sono disposte a mettere a rischio i propri canali di approvvigionamento in funzione anti-russa, non è lo stesso per il governo Orban che, invece, a Bruxelles ha messo il veto sulle sanzioni. “Non sosterremo sanzioni che mettono a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ungheria – ha dichiarato giorni fa il ministro ungherese degli Esteri, Péter Szijjártó – Il consenso europeo non sarà certamente possibile”. Posizione che, però, ha creato non solo una rottura interna all’Ue, facendo di fatto naufragare l’ipotesi di ulteriori provvedimenti che colpissero anche le forniture di petrolio e gas da Mosca, ma anche una frattura nel blocco di Visegrad.