Tralasciamo la considerazione che la Formula 1 sia il massimo dell’immoralità di quello che sono orgoglioso di definire ancora, anzi oggi più che mai, “sistema”, e concentriamoci solo su quell’immagine del missile che ha colpito un deposito di carburante della Aramco, a pochi chilometri dal circuito dove appunto si svolgevano le prove del Gran Premio d’Arabia.
Quel missile è stato lanciato dai cosiddetti “ribelli” Houthi, yemeniti in guerra appunto contro l’Arabia. Ci scaldiamo tanto per la guerra in Ucraina, ma tacciamo sulla guerra, definita infatti “silenziosa”, dello Yemen: forse semplicemente perché noi facciamo grossi affari con l’Arabia Saudita, ivi compreso l’invio delle armi? Forse perché i nostri alleati di sempre, gli Stati Uniti, il novembre scorso hanno approvato la vendita all’Arabia Saudita di missili per un valore di 560 milioni di dollari, e hanno confermato l’impegno a vendere aerei da combattimento, bombe e altre munizioni agli Emirati Arabi Uniti per un valore di 23 miliardi di dollari e hanno assegnato alle aziende statunitensi contratti per il valore di 28 milioni di dollari per la manutenzione degli aerei da combattimento sauditi?
In Yemen in 7 anni di guerra sono morte 370mila persone, di cui il 40% sono vittime dirette del conflitto e il 60% indirette, come patologie non curate, mancanza di farmaci, arrivo troppo tardivo negli ospedali. Altre stime contano 18.500 vittime civili, tra morti e feriti… Dal 2015 più di 10.000 bambini sono stati feriti o uccisi. Una guerra di serie B, per l’Italia, anzi, neppure una guerra visto che non ne parliamo.
Torniamo al missile. Quel missile. Sembra evidente che sia stato lanciato proprio per segnalare al mondo occidentale che lì c’è una guerra. Che sembra tutto rose e fiori, ma in realtà la gente muore anche qui, nella penisola arabica, che non è solo Dubai con i suoi grattacieli, o il Qatar con i suoi campionati di calcio (frutto di corruzione), la gente muore anche qui e anche da tanti anni.
Ma anche così, con quel missile lanciato da un paese al collasso, con la più grossa crisi umanitaria al mondo, la guerra in Yemen non ha avuto nessuna ricaduta sui nostri media: solo una fotografia appunto e poche righe. E così il circo della Formula Uno, con la sua immane ricchezza, con le sue Red Bull, le sue Ferrari, le sue Mercedes, simbolo di quel turbocapitalismo che semina guerre, povertà, disuguaglianze nel mondo, è andato avanti come se nulla fosse. Immagino schierandosi per la pace in Ucraina… The show must go on.
Pensateci: una situazione surreale, grottesca, quel missile dei poveri e quei bolidi dei ricchi. A sottolineare ancora una volta la follia dell’epoca di cui siamo impotenti spettatori.