Il progetto del nuovo impianto accanto al Meazza (che verrebbe abbattuto) procede a rilento. E torna di moda l'idea di sfruttare l'area ex Falck nel Comune dell'hinterland, rilanciata con forza da La Gazzetta dello Sport. Il sindaco di Milano smentisce. Lo spauracchio di cambiare zona finora è stato usato da entrambe le parti come strumento di pressione
Lo spauracchio Sesto San Giovanni. Costruire uno stadio nell’area ex Falck è la possibilità estrema che alleggia attorno al dibattito su San Siro fin dal primo giorno in cui Inter e Milan hanno manifestato l’intenzione concreta di abbattere il Meazza per avere un nuovo impianto. Adesso che il progetto accanto al vecchio stadio sembra procedere a rilento, lo spauracchio Sesto San Giovanni è tornato. I quotidiani ne hanno iniziato a scrivere un mese fa, il sindaco Roberto Di Stefano ha spalancato le braccia, oggi è arrivata La Gazzetta dello Sport, che in prima pagina racconta: Milan e Inter sono “pronte ad andare via” da San Siro. Beppe Sala questa volta reagisce, postando su Instagram una lettere ricevuta una settimana fa dai due club: “Mi hanno confermato che stanno predisponendo il dossier per il dibattito pubblico“. Delle due l’una, ragiona il sindaco di Milano: “O la Gazzetta è solo alla ricerca del ‘titolo’, oppure le squadre a me dicono una cosa (anzi la scrivono) e ad altri danno una versione diversa“.
La carta Sesto San Giovanni, finora, è stata usata da entrambe le parti come uno strumento di pressione. Un bluff, insomma. I club l’hanno sventolata per convincere Palazzo Marino a cedere alle loro condizioni. Lo stesso Sala ha rievocato questa ipotesi più volte, per zittire i contestatori del progetto, sottolineando il rischio di “rimanere con il cerino in mano“. L’ultima volta il sindaco lo ha detto un mese fa, rispondendo al consigliere comunale Luca Bernardo: “Se le società dovessero andare da un’altra parte sarebbe un grande problema“. Ora però, come un boomerang, lo spauracchio Sesto San Giovanni sta tornando addosso al sindaco.
Il motivo principale è quel “dibattito pubblico” che viene citato anche nella lettera postata da Sala su Instagram. Dopo che il 5 novembre scorso la Giunta del Comune di Milano ha approvato la delibera di conferma della dichiarazione di pubblico interesse, la strada verso il nuovo impianto a San Siro sembrava ormai in discesa. Erano stati confermati anche i contorni dell’accordo raggiunto dal primo cittadino con i due club, compreso l’adeguamento dell’indice di edificabilità territoriale a quello massimo previsto dalla Norma del Piano di Governo del Territorio. Niente cubature extra, quindi. I comitati Coordinamento San Siro e SìMeazza hanno deciso di ricorrere al Tar contro la delibera, mentre è partita la raccolta firme per un referendum contro l’abbattimento.
Ma il vero stallo di questi mesi è dovuto appunto al dibattito pubblico, obbligatorio per legge in questi casi ma inizialmente escluso dal Comune di Milano. I club si sono spazientiti, ma nei giorni scorsi hanno dato il loro benestare ed è stato previsto un cronoprogramma con esito finale a ottobre. Il vero problema, lo scrive anche La Gazzetta dello Sport, è che Inter e Milan hanno sì scelto il progetto della “Cattedrale” di Populous, ma non hanno mai presentato la progettazione definitiva, con nuovi studi di fattibilità. Sala, solo quattro giorni fa, diceva: “Il mio messaggio al coordinatore del dibattito pubblico sullo stadio sarà ‘fare in fretta e fare bene‘. Le due cose possono essere fatte insieme, non è necessario prendersi tempi inutili, ma bisogna fare quello che va fatto”. I club vogliono soprattutto fare in fretta: la carta Sesto San Giovanni potrebbe essere l’ennesimo bluff, oppure un’ipotesi concreta per ricominciare da zero ma avere campo libero, senza comitati di quartieri che ricordino il valore storico e culturale del Meazza, oppure ambientalisti che chiedano più verde e meno palazzi.