Nel decennio 1974-1983 i prezzi aumentarono mediamente del 17% annuo composto, quasi quintuplicando nell’arco di quei dieci anni. Per la precisione la lira perse il 79% del suo potere d’acquisto. Tutto iniziò con l’impennata del prezzo del petrolio, per cui comprensibilmente spaventano i recenti aumenti dell’energia.
I risparmiatori erano angosciati, non sapendo dove sbattere la testa per proteggere quanto avevano messo da parte o quanto cercavano di accantonare per il futuro. L’obiettivo non era guadagnare, ma non perdere troppo. E invece molti vedevano scendere progressivamente di valore quanto avevano accantonato, frutto spesso di rinunce.
La storia potrebbe ripetersi, fermo restando che ci guardiamo bene dal formulare previsioni sull’inflazione degli anni futuri e neppure nei mesi a venire. D’altro canto la mia formazione è quella del matematico e non dell’aruspice o del negromante. Proprio come matematico-finanziario vorrei fornire alcuni dati e chiarire alcuni meccanismi, che spiegano cosa capiterà ai risparmi degli italiani se la dinamica inflattiva riprende come in quegli anni. Io non so quanto sarà alta l’inflazione, ma chiunque conosca la materia conosce le conseguenze che avrebbe per alcuni impieghi del risparmio. Spesso però non lo dice, perché non gli conviene.
In particolare essa sarebbe una batosta per i prodotti che banche e sedicenti consulenti spingono con tanto impegno, cioè soprattutto le polizze vita più diffuse, i fondi comuni e la previdenza integrativa. Resta vero infatti quanto denunciato nel precedente post.
Lì citavo Banca Intesa-Sanpaolo, ma le altre non sono meglio. Prive di indicizzazione al costo della vita e con molti impieghi del reddito fisso, verrebbero massacrate da un’alta inflazione. Se poi l’inflazione non rientra, è scontata una salita dei tassi d’interesse. Merita ricordare che tale fu la causa del crollo dei titoli a tasso fisso, come per esempio le obbligazioni trentennali Crediop 1976-2006 8% che scesero anche sotto le 40 lire per 100 lire di valore nominale. Perdita cui si aggiunse quella del potere di acquisto della moneta.
In un tal scenario tutti o comunque gran parte dei vantaggi ottenuti dalla discesa dei tassi negli anni passati verrebbero rimangiati. Negli anni Settanta-Ottanta le polizze previdenziali causarono agli assicurati perdite reali nell’ordine del 70%. Ci sono soluzioni? Per fortuna ora sì, anche se banche e sedicenti consulenti non le propongono praticamente mai. Ma non promettono bene le azioni, contrariamente alle frottole che tanti raccontano: nel decennio 1974-83 la perdita reale media per la Borsa Italiana fu del 65%, pur conteggiando i dividendi. Non garantisce nulla neppure l’oro, perché a volte difese il potere d’acquisto e a volte invece lo affossò. Da fine 1980 a fine 1998 la perdita reale per un italiano fu del 73%. Ovviamente col senno del poi si può dire che bisognava venderlo prima o, in generale, bisogna comprare ai minimi e vendere ai massimi. Facile vero?
Parlando seriamente potrebbero sembrare una soluzione i titoli a tasso variabile, come i Cct. Ma essi – adesso come allora – forniscono una protezione per i movimenti dei tassi nominali. Non proteggono invece dai tassi reali negativi. Così i Cct-Eu 15-4-2029 non sono scesi di prezzo, ma non hanno neppure difeso dall’inflazione degli ultimi dodici mesi con misere cedole nell’ordine dello 0,1% annuo.
Le soluzioni vere sono gli impieghi per legge o regolamento direttamente agganciati all’inflazione, tutti validi, quale più quale meno. Mi riferisco in particolare al Tfr (sì, proprio lui) e ai titoli di Stato e buoni postali appunto indicizzati al costo della vita.
Entrare nel merito delle diverse tipologia trascende i limiti di un post in un blog. Però giovedì 7 aprile gli interessati possono seguire, previa iscrizione gratuita, un convegno on line (o webinar) sull’argomento “Come difendere dall’inflazione risparmi e previdenza”, organizzato per i Dipartimenti di Matematica e di Economia e Statistica dell’Università di Torino, dove insegno. Si vedano la locandina e il link al webinar con la pagina per iscriversi.