“Se dovessi perdere la vista, tu sarai i miei occhi”. È la battuta di Nuovo cinema paradiso che il proiezionista (Philippe Noiret) oramai anziano e non vedente pronuncia rivolgendosi al piccolo Totò. Una battuta che però ha valicato il cinema ed è diventata una specie di ossessione per Totò Cascio, il giovane attore che all’epoca esordì con il botto interpretando a 8 anni il piccolo Totò, ma che oggi, a 42 anni, soffre di retinite pigmentosa. “Sono quasi del tutto privo della vista e non ne potevo più di nascondermi”, ha spiegato Cascio al Corriere ricordando che oggi lui riesce solo a percepire se c’è luce in una stanza, se ci sono le finestre aperte. La carriera da bambino di Cascio è impressionante: dopo l’exploit nel film di Tornatore, che vinse l’Oscar: in nemmeno quattro anni, cioè tra i suoi 9 e 13 anni, incontra star come Stallone, Glenn Ford, Gregory Peck. Lavora con Celentano, Franco Nero, Mastroianni, Peter Ustinov. La Fiat lo sceglie come testimonial della 500. Ma qualcosa nella vista del piccolo Totò non va. I genitori lo fanno visitare in una importante clinica svizzera e la sentenza è terribile: retinite pigmentosa. La carriera si conclude ed inizia un calvario oggettivo e psicologico. “Mi sono rifiutato di accettare la cecità e ho sbagliato”, spiega Cascio che elenca gli “abissi” che gli si sono aperti per via della malattia: la paura di non piacere più alle donne, il terrore di deludere gli altri, che nessuno trovi più quel bambino che cercano. “Oggi so che la vita è fatta anche di questi abissi, ma l’importante è accettarli, lavorarci, trovarci un equilibrio”. Psicoterapia individuale e il grande aiuto del’Istituto Cavazza per non vedenti di Bologna sono la chiave di volta per Totò che oggi racconta tutta la sua vita in un libro: La gloria e la prova (Baldini+Castoldi).