Mafie

Bomba a don Patriciello, la versione del capo clan intercettato: “Qualche cornuto l’ha messa per far credere che siamo stati noi”

Nel decreto di fermo firmato dai pm della Dda di Napoli per la faida in atto tra i clan Landolfo-Monfregolo e Cristiano-Mormile, compare anche un'intercettazione ambientale in cui Pasquale Landolfo commenta la bomba carta fatta esplodere davanti alla chiesa del parroco anticamorra a Caivano: "Uccidiamoci tra di noi ma la Chiesa è sacra…". Attribuisce le responsabilità all'avversario storico, Vincenzo Mormile, e alla sua intenzione “di attirare su di loro l’attenzione delle forze dell’ordine”

Nelle carte degli arresti per la faida in atto tra i clan Landolfo-Monfregolo e Cristiano-Mormile nei territori di Arzano e Frattaminore, fa capolino una intercettazione ambientale che offre una singolare interpretazione della bomba carta fatta esplodere nella notte tra l’11 e il 12 marzo davanti alla chiesa di Caivano del parroco anticamorra don Maurizio Patriciello. La offre un capo cosca di zona, Pasquale Landolfo, commentando un articolo uscito sui social poche ore dopo l’attentato. Ignaro che la casa è zeppa di cimici che stanno registrando le conversazioni familiari: “Questi ora pensano che siamo stati noi…“. Pochi minuti e il figlio Massimo ribatte: “Io gli manderei una lettera… dicendo che qui non esiste proprio poi contro la Chiesa! Uccidiamoci tra di noi ma la Chiesa è sacra… qualche cornuto l’ha messo per far credere che siamo stati noi…”.

Pasquale Landolfo è stato arrestato pochi giorni fa con la moglie Assunta Esposito, la figlia Carmela Landolfo e quattro membri del gruppo criminale. Il decreto di fermo firmato dai pm della Dda di Napoli Francesca De Renzis e Giorgia De Ponte, che in queste ore verrà sottoposto alla convalida del Gip, li accusa di associazione a delinquere, traffico di droga, detenzione e porto illegale di armi clandestine e comuni da sparo e ricettazione, con l’aggravante camorristica.

In 59 pagine, la procura guidata da Giovanni Melillo ricostruisce nel decreto le dinamiche della faida, l’escalation di bombe e stese, i progetti di nuovi attentati contro gli autori dei raid contro tre pizzerie di Frattamaggiore, l’agguato a colpi di pistola ad Arzano contro Antonio Alterio (fratello del capo clan Raffaele) e di Daniele Laperuta. Poi altri contrasti contro il vicino clan di Caivano, il clan Ciccarelli, attivo nel Parco Verde. E’ la periferia di nessuno dove si alza la voce anti-clan di don Maurizio Patriciello, colpito nei giorni scorsi dall’ennesima intimidazione.

I pm affermano che “dalle conversazioni captate emerge che Landolfo e il suo gruppo siano verosimilmente estranei agli atti intimidatori contro don Maurizio Patriciello e il comandante della polizia municipale di Arzano, Biagio Chiariello”. Nelle intercettazioni, infatti, si fa anche riferimento ai manifesti funebri apparsi ad Arzano il 7 marzo: “Il 10 marzo è deceduto il signor Biagio Chiariello”, con foto del comandante in divisa, inviso ai camorristi per le sue attività antiabusivismo nel rione della 167. “Ad Arzano hanno messo i manifesti ma non sono stati loro…” dice Massimo Landolfo. Secondo i pm sta facendo intendere che i manifesti contro Chiariello “non sono stati messi dal gruppo di Monfregolo ma da altri per far ricadere la colpa su di loro”.

Per i Landolfo quegli ‘altri’ sono riconducibili a un nome, “Vincenzino… all’80%… secondo me sta qua… sempre quel Vincenzino cornuto… sicuramente lui è stato… ha messo la bomba lì e gli ha fatto pensare che siamo noi…”. La regia di questa strategia intimidatoria, secondo la loro interpretazione tutta da riscontrare, sarebbe da attribuire a un loro avversario storico, Vincenzo Mormile, e alla sua intenzione “di attirare su di loro l’attenzione delle forze dell’ordine”. I Landolfo arrivano a ipotizzare una ritorsione: “Ci vogliamo mettere un po’ addosso a questo”?

Per chiarire il contesto, va ricordato che una decina di giorni dopo queste intercettazioni, sono stati arrestati due degli autori di alcune minacce contro il comandante Chiariello, avvenute durante i controlli al rione 167 di Arzano. Si chiamano Raffaele Piscolo e Mariano Monfregolo. Mariano è il fratello del capo clan Giuseppe Monfregolo. “Un dato significativo”, sottolinea la procura.