Povero calcio italiano. Povero non perché meriti alcuna compassione, i guai che sta passando se li è tutti cercati e meritati, ma perché i suoi errori adesso dovrà pagarli caro. Milioni di euro, almeno 15, di mancati ricavi nell’immediato. Un’immagine distrutta a livello planetario, che sconteremo nel lungo termine anche nei contratti, con gli sponsor, sui bilanci.
La mancata qualificazione ai Mondiali è un disastro sportivo, una figuraccia reputazionale, ma anche una mazzata devastante sul piano economico, quello che forse più sta a cuore a Gabriele Gravina, il n.1 della Figc, che si è sempre considerato un manager più che un semplice presidente (e come tale vuole farsi pagare, vedi aumento di stipendio fino a 240mila euro). Sotto la sua gestione il fatturato federale era oggettivamente cresciuto, passando da 160 milioni nel 2018 ai 230 del 2021, miglior risultato di sempre dovuto alla conquista degli Europei. È uno dei pochi punti su cui l’attuale presidente può rivendicare qualche risultato concreto. Tutto vanificato.
Lo slancio di quella vittoria, il tesoretto messo in cassa col trionfo europeo, verrà adesso azzerato dal naufragio mondiale. La FederCalcio, del resto, sa bene cosa vuol dire: ci era già passata quattro anni, quando lo 0-0 contro la Svezia ci aveva negato il biglietto per la Russia. All’epoca, c’era addirittura chi ipotizzava quasi la bancarotta per la Federazione. In realtà, la Figc riuscì ad attutire il colpo grazie a un regalino del governo, che dal 2017 le destina il 10% dei ricavi dei diritti tv della Serie A (la cosiddetta “mutualità”: allora valeva 8,6 milioni, oggi siamo a oltre 11).
Alla fine della giostra, il disastro della coppia Ventura-Tavecchio ci era costato comunque circa 12 milioni di euro, cifra messa nero su bianco nel budget 2018. Ed è lecito attendersi che altrettanto ci costi quello del tandem Mancini-Gravina, anzi anche di più. Di sicuro, bisognerà rinunciare ai lauti premi Fifa, gli stessi (lato Uefa) che giusto l’anno scorso avevano gonfiato a dismisura il bilancio federale e fatto gongolare il presidente Gravina. Solo qualificarsi, infatti, vale una decina di milioni (in dollari) tra gettone di presenza e partecipazione al girone, un altro paio in caso di passaggio agli ottavi. Poi ci sono i malus che scattano in quasi tutti i contratti commerciali per la mancata qualificazione: 5-6 milioni, circa il 10% complessivo, più o meno la stessa somma dei bonus per la cavalcata europea. Il totale, appunto, si avvicina a 15 milioni di euro. A differenza che in passato, stavolta almeno la Federazione ha avuto l’accortezza di adottare un approccio prudenziale, predisponendo il budget 2022 come se la nazionale non dovesse andare ai Mondiali. Una profezia funesta, tristemente avverata, che se non altro tiene in ordine i conti. Gli impatti negativi sono già stati considerati e il bilancio dovrebbe chiudersi in pareggio.
Il peggio però deve ancora venire. Sono gli effetti più difficili da calcolare, quelli dell’impatto sull’immagine del calcio italiano. La mancata qualificazione a Russia 2018 poteva anche essere un episodio. La Federazione era stata brava a ricostruire dalle macerie: la narrazione del “rinascimento azzurro” era retorica e fumosa, ma tifosi e aziende se l’erano bevuta, come dimostra la crescita del 50% dei ricavi commerciali negli ultimi due anni. Oggi, che siamo di nuovo fuori dai Mondiali e non per caso, quanto vale questa piccola nazionale, intesa come brand da vendere sul mercato? Poco. Sicuramente meno di prima. E il problema è che a dicembre scadranno i contratti con quasi tutti i “top” e i “premium” partners: Fiat, Eni, Poste, Deliveroo, senza dimenticare Tim che dopo il naufragio dell’operazione Dazn sta facendo una riflessione a 360 gradi sul calcio e potrebbe anche tirarsi indietro.
Almeno è stato rinnovato in tempo lo sponsor tecnico, che con il passaggio da Puma ad Adidas porterà in cassa una quindicina di milioni in più a stagione (da circa 20 a 35, comunque lontano dalle big del continente come Francia e Germania). Sul resto saranno dolori: la Figc era intenzionata a chiedere un ritocco del 20% dopo il trionfo agli Europei, ora sarà fortunata a strappare le stesse cifre, con le aziende pronte a giocare al ribasso, molto meno smaniose di essere associate a una nazionale perdente. Un’altra sconfitta nella sconfitta, di cui qualcuno dovrà pur dare conto.