L'allarme di Medici per l'Ambiente: “Bruciare legna rappresenta il 35% del consumo totale di energia, ma copre l'84% delle spese per ictus, malattie cardiache, cancro ai polmoni e malattie respiratorie acute e croniche legate all'inquinamento”
Il riscaldamento domestico – in particolare, in Italia, quello a legna e pellet – causa ictus, malattie cardiache, cancro ai polmoni e malattie respiratorie acute e croniche e altre patologie legate all’inquinamento atmosferico, che hanno un costo stimabile in 4,7 miliardi di euro l’anno. A pagare non è solo il Sistema Sanitario Nazionale, ma anche i privati cittadini, poiché nelle spese sono incluse diversi tipi di cure e l’assenza dal lavoro. Lo afferma il rapporto “I costi dell’inquinamento da riscaldamento domestico” realizzato dalla società di consulenza CE Deft per l’Epha (European Public Health Alliance) di cui fa parte l’associazione Isde – Medici per l’Ambiente. Lo studio ha esaminato l’impatto di sette inquinanti atmosferici (PM2.5, NOx, NH3, SOe, CO, CH4 e COVNM) nell’Ue a 27+Regno Unito e in quattro singoli paesi (Regno Unito, Spagna, Italia e Polonia).
Responsabili dell’84% dei costi sanitari – “In Italia le stufe a legna (pellet e altre biomasse) sono le principali responsabili dell’inquinamento atmosferico da riscaldamento – afferma il rapporto – sebbene rappresentino il 35% del consumo totale di energia finale da parte delle famiglie, coprono l’84% dei costi sanitari totali”. Emerge che nel nostro Paese – nonostante il clima più mite della media europea – spendiamo di più di tutti gli altri per curare malattie legate a inquinamento da riscaldamento e cucina domestica. Se nel complesso i 28 Stati monitorati spendono 29 miliardi di euro, noi ne paghiamo 4,7, principalmente a causa dell’uso di legna da ardere e di pellet, materiale del quale siamo i maggiori consumatori al mondo per uso domestico. Dopo di noi la Polonia ha 3,3 miliardi di euro l’anno di spese sanitarie legate a riscaldamento e cucina domestica, dovute, nel caso di questo Paese, principalmente all’uso del carbone.
L’inquinamento peggiore è quello dentro le case – “Il riscaldamento e la cottura non provocano solo danni alla salute all’aperto – sottolinea lo studio – per molti inquinanti, infatti, i livelli di concentrazione sono spesso più elevati all’interno che all’esterno” anche considerando che i cittadini europei tendono a trascorrere la maggior parte del loro tempo al chiuso. “Soprattutto nelle case in cui vengono utilizzati combustibili fossili e/o da biomassa in stufe non ventilate – si afferma – i livelli di inquinamento dell’aria interna di PM2.5, NO2 e CO possono essere notevoli”. La maggior parte dei costi (94%) si riferisce alle emissioni dirette che derivano, a casa, da tecniche basate sui combustibili fossili e sulle biomasse. Il rapporto di Epha conferma quanto già evidenziato dallo studio “Where there’s fire, there’s smoke” dell’European Environmental Bureau, che ha mostrato come una stufa a pellet produca circa 10 volte di più particolato PM25 di un camion a gasolio, in proporzione all’energia prodotta. La distanza dal gas è enorme, anche in presenza di filtri: se una stufa a pellet inquina 55, una a gas 0,1.
Le alternative “sane”: pompe elettriche a calore e sole – Le tecniche di riscaldamento e cottura che utilizzano l’elettricità, evidenzia lo studio di Epha, non provocano emissioni dirette all’interno poiché non avviene combustione dentro l’abitazione. Le tecnologie più pulite sono le pompe di calore e le opzioni rinnovabili al 100% come il solare. Lo studio stima i costi sociali sanitari di alcune opzioni di riscaldamento alternative, affermando che il rendimento delle attuali caldaie a idrogeno “verdi” è di 2,6 euro per output in giga joule (valore centrale), che è paragonabile alle caldaie a olio e meno pulito delle caldaie a gas. Le caldaie a idrogeno grigie potrebbero essere meno inquinanti delle caldaie a gas, ma solo in base al valore centrale di 0,31 euro per output in GJ. Le pompe di calore continuano ad essere quelle che producono meno emissioni, seguite dalla pompa di calore ibrida. Quest’ultima evidenzia prestazioni migliori rispetto alle caldaie a gas (0,61 euro/GJ) o ai radiatori elettrici (1 euro/GJ). Tuttavia, “se i paesi riescono a rendere rinnovabile la loro produzione di elettricità, i costi sociali sanitari dell’idrogeno verde, delle pompe di calore e di altri apparecchi elettrici possono diminuire in modo significativo”.