Vorremmo non sentir parlare di questa guerra che ci fa stare male psicologicamente. Allo stesso tempo andiamo ad accedere compulsivamente ai siti che ne parlano e ascoltiamo i telegiornali fino a mezzanotte per poi riprendere febbrilmente la mattina presto. Se leggiamo i principali giornali italiani è tutto un inneggiare alla resistenza ucraina e alla necessità di portare aiuto militare. Le notizie sulle testate locali paiono filtrate e molto di parte. L’auspicio prevalente è che bisogna uccidere Putin oppure distruggere l’economia russa per mandare sul lastrico la popolazione che, a quel punto, si ribellerà.

A questo punto sorge spontanea una domanda: sapendo che noi vogliamo il loro annientamento, i nemici andranno fino in fondo? Quel che ci è stato comunicato finora è che dichiarano esplicitamente di usare l’arma nucleare qualora si sentissero in pericolo. Le ragioni della guerra, dunque, stanno prevalendo. Coloro che parlano di pace in Italia sono zittiti o peggio considerati “amici di Putin”, dei miserabili traditori, fautori di un “pensiero complesso” fuori luogo. La situazione al contrario viene descritta “semplice” fino ad arrivare alla conclusione sempliciotta: distruggiamo la Russia e Putin. Peccato che in questo modo si arrivi a una guerra nucleare dove tutti faremo la nostra “semplice dipartita”.

Per il momento a livello internazionale si esclude il coinvolgimento diretto in guerra, ma le occasioni di aumento esponenziale del conflitto paiono essere ricercate. Alcuni giorni or sono i capi di alcune nazioni aderenti alla Nato si sono recate a Kiev; bastava quindi un incidente durante questo viaggio in zona di guerra per innescare reazioni imprevedibili. Hanno proposto di scortare gli aiuti umanitari con carri armati e aerei nel territorio in conflitto. Una missione di pace della Nato in territorio di guerra? Mi sembra una proposta semplice semplice che serve a fare esplodere tutto.

Inconsciamente un potente motore del nostro desiderio è quello che Freud definiva come “istinto di morte”(al di là del principio del piacere 1920). Si tratta della tendenza a ricercare la propria fine per raggiungere uno stato di quiete e tornare al momento iniziale di non vita. Nella visione di Freud il comportamento autodistruttivo è un’espressione dell’energia creata dagli istinti di morte. Quando questa energia è diretta verso l’esterno e verso gli altri si esprime come aggressività e violenza. Dopo tanti anni di torpore un sottile desiderio di guerra aleggia anche nella nostra società. Molti commentatori sembrano ringalluzziti dall’idea di fare finalmente parte della “grande storia”. Emerge il bisogno inconscio di riscattarsi finalmente dalle ignominie delle due ultime guerre mondiali in cui l’Italia per sopravvivere ha cambiato alleanze. Ora, finalmente, vogliamo fare i primi della classe e dimostrare al mondo- che non ci crede- che abbiamo le palle.

Sul versante opposto troviamo le pulsioni inconsce del “nénéismo (né con l’uno né con l’altro)” che si concretizzano in soldoni nell’idea di far vincere Putin. Secondo questa visione l’Ucraina doveva attuare la strategia gandiana, attuando la disobbedienza civile e puntando sul fatto che non si può mettere tutta la popolazione in carcere. Questo non voler prendere posizione è un modo nascosto per simpatizzare per l’aggressore che appare più forte, un’istanza per fare finire la guerra il prima possibile e non doverci pensare più. Come si permettono questi Ucraini, con la loro resistenza, di pregiudicare le nostre tranquille ferie al mare? Schierarsi con il più forte è un riflesso condizionato che viene descritto nel modo di dire “salire sul carro del vincitore” e fa parte dell’istinto di autoconservazione. Quindi, riassumendo, esisterebbe una lotta inconscia, ricordando che a questo livello non esiste il principio di non contraddizione ma possono coesistere desideri opposti, fra desideri di vita e di autoconservazione e istinto di morte.

Risulta molto facile fare le pulci a chi prende la posizione opposta alla nostra, in quanto tutte gli schieramenti presentano punti deboli accanto a punti di forza. Il problema che come psicologo io percepisco è il non accettare la nostra impotenza. Siamo impotenti di fronte a questo conflitto in cui intervengono forze economiche, culturali, storiche, situazioni di potere e armamenti più grandi di noi. Scopriamo la nostra fragilità. Accettare di essere fragili e impotenti è difficile, per cui ci schieriamo fra i “guerrafondai ipocriti o i pacifisti cinici” trovando le ragioni logiche per ognuna di queste posizioni. Purtroppo in certi frangenti della storia la razionalità non esiste e le pulsioni profonde, autodistruttive e autoconservative prevalgono.

Per questo, prima di attaccare chi non la pensa come noi dovremmo accettare la nostra impotenza. Guardare compulsivamente i talk show per schierarsi non serve a nulla, ma almeno non ci fa avvertire la nostra debolezza. Inconsciamente è come se affermassimo, per tranquillizzarci, che la soluzione a questa guerra c’è e noi l’abbiamo elaborata. Oltre che commissari tecnici della nazionale che ci avrebbero certamente portato ai mondiali (sic) abbiamo milioni di strateghi che saprebbero come far finire questa guerra.

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