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Banca d’Italia, in 5 anni girati al Tesoro 28,5 miliardi. Visco: “Con guerra gravi rischi su forniture energetica”

Nel suo intervento il governatore Visco ha aggiunto che "Le riforme del lavoro negli ultimi anni hanno riportato in alto l’indice di occupazione, ma spesso si è trattato di lavori precari, di occupazioni in cui spesso i giovani meno pagati sostituiscono i più anziani" e le donne hanno difficoltà di accedere a ruoli importanti, con uno sbilanciamento verso piccole e medie imprese non sempre capaci di poter competere con i cambiamenti. Invita poi la politica a puntare sulla scuola

La Banca d’Italia ha chiuso il 2021 con un utile lordo, prima delle imposte e dell’accantonamento a fondo rischi, di 9,2 miliardi di euro, 1 miliardo in meno del 2020. E’ quanto ha annunciato il governatore Ignazio Visco all’assemblea dei partecipanti al capitale sottolineando come “la riduzione è imputabile per 0,8 miliardi ai risultati da negoziazione (nel 2020 si erano registrate plusvalenze da cessioni azioni e quote fondi) e per 0,5 miliardi al margine di interesse”. I soldi verranno, come da prassi, girati in gran parte al Tesoro. La somma “complessivamente destinata allo Stato” fra utili e imposte del bilancio della Banca d’Italia per il 2021 raggiunge 6,8 miliardi di euro”, spiega Visco. Il governatore ha sottolineato come a fronte dell’utile netto di 5,9 miliardi ” l’utile residuo per lo Stato (dopo i dividendi pagati ai ai partecipanti al capitale ndr) sarebbe pari a 5.565 milioni” cui vanno aggiunte “imposte di competenza per 1.236 milioni”. Negli ultimi cinque anni l’importo cumulato allo Stato raggiungerebbe così 28,5 miliardi, oltre a imposte di competenza per 6,3 miliardi.

I partecipanti al capitale (soci) della Banca d’Italia riceveranno “un dividendo di importo uguale a quello corrisposto negli ultimi anni, pari a 340 milioni, corrispondenti al 4,5 per cento del capitale”. Visco ha ricordato come “non siano presenti quote eccedenti il 5 per cento del capitale, per le quali il dividendo andrebbe attribuito obbligatoriamente alle riserve statutarie; di conseguenza, l’importo deliberato sarebbe integralmente corrisposto ai Partecipanti”. Gli azionisti di Banca d’Italia, istituto di diritto pubblico e a controllo statale, sono praticamente tutte le banche italiana, con Unicredit e Intesa Sanpaolo in possesso delle quote più consistenti.

Il conflitto in Ucraina mette “a repentaglio l’assetto economico, finanziario e sociale emerso alla fine della Guerra Fredda e la stessa cooperazione multilaterale. Rappresenta un punto di svolta di cui è difficile prevedere le conseguenze”, ha affermato il governatore Visco, che ha poi tenuto una relazione ad un convegno organizzato da Il Mulino su economia e diseguaglianze. “L’invasione russa in Ucraina, oltre al dramma di lutti, violenze, distruzioni che reca con sé, è destinata a produrre ferite sociali ed economiche profonde“, ha detto Visco. Si tratta, afferma, “di una rottura drammatica del processo di integrazione economica e finanziaria internazionale che, se non risolta rapidamente in modo pacifico, potrebbe avere pesanti ripercussioni sull’approvvigionamento energetico dell’Europa, sull’inflazione, sulla domanda interna e sugli scambi internazionali. Non ultimo sul rispetto dei tempi della transizione energetica“.

“Il Pnrr deve rappresentare l’opportunità per l’Italia di colmare finalmente quel gap formativo e di produttività che da troppo tempo l’affligge. Occorre puntare sulla scuola, dove gli indicatori di apprendimento e di titoli conseguiti dei nostri studenti ci vede nettamente arretrati rispetto ai partner più industrializzati, Bisogna inoltre intervenire sugli investimenti nel mondo del lavoro e nell’università per superare il “ristagno della crescita”. Ignazio Visco ha anche aggiunto che “Le riforme del lavoro negli ultimi anni hanno riportato in alto l’indice di occupazione, ma spesso si è trattato di lavori precari, di occupazioni in cui spesso i giovani meno pagati sostituiscono i più anziani” e le donne hanno difficoltà di accedere a ruoli importanti, con uno sbilanciamento verso piccole e medie imprese non sempre capaci di poter competere con i cambiamenti.