“Sono rimasta convinta che fosse lei a scrivermi fino all’ultimo giorno. Con il senno di poi si capisce che i messaggi non li avesse scritti lei, ma fino a lunedì non ho avuto dubbi”. È parte dell’intervista che la madre di Carol Maltesi, uccisa e fatta a pezzi in gennaio, ha rilasciato al quotidiano locale la Prealpina. A mandarle i messaggi, ha sottolineato la donna, era stato Davide Fontana, il 43enne accusato di essere il suo omicida. Quest’ultimo, stando al racconto rilasciato al giornale, aveva scritto fingendo di essere Maltesi e dicendo di trovarsi a Dubai. Lo stesso è accaduto all’ex compagno di Carol, padre di suo figlio. Lo dice all’Ansa l’avvocato Manuale Scalia, che assiste la famiglia della 26enne: “Ha continuato a chiamarla, e si è insospettito il giorno del compleanno del piccolo, perché lei non mancava mai una videochiamata”. Quando Maltesi non è comparsa in videochiamata, “il padre del suo bambino ha pensato di andare al Consolato, pensando che le fosse accaduto qualcosa”, ha aggiunto. La madre della vittima spiega che la ragazza non aveva mai parlato alla famiglia di Fontana. Sulla Prealpina si legge anche che era stato quest’ultimo ad avvicinarla al mondo del porno. Fra i due, raccontano le ex colleghe della giovane, c’era un rapporto di fiducia: lui aveva le chiavi di casa di lei e l’aveva anche accompagnata a qualche casting. La ragazza era tornata dal Veneto a Sesto Calende, dove risiede la madre 56enne, per sostenerla e assisterla durante le vacanze natalizie: la donna è malata da una malattia degenerativa.
Nel frattempo, il 43enne resta in carcere per gravi indizi di colpevolezza. La sua confessione non ha lasciato spazio a scelte diverse al giudice per le indagini preliminari di Brescia Angela Corvi, che ha convalidato il suo fermo. L’interrogatorio è durato circa mezz’ora. L’uomo è accusato di omicidio volontario, distruzione di cadavere e occultamento. Fontana ha raccontato agli inquirenti di aver colpito la donna con un martello durante un gioco erotico. Questa la sua confessione: “Non so che cosa sia successo. Lei si muoveva con la testa ed io continuavo a colpirla ma non so bene dove perché aveva il sacchetto in testa. A questo punto, resomi conto di cosa avevo fatto, le ho tolto il cappuccio e credo che fosse morta. Mi son reso conto di averle procurato molte ferite dalle quali perdeva molto sangue”. E Fontana ha poi proseguito: “Credo che fosse già morta ma, non sapendo che altro fare, le ho tagliato la gola con un coltello da cucina a lama liscia che poi ho buttato in un cestino dell’immondizia a Rescaldina. Mi è sembrato che fosse un atto di pietà, vedevo che stava soffrendo e ho concluso le sue pene tagliandole la gola”, sono le parole usate dall’uomo nel lungo interrogatorio di lunedì notte che si è concluso con il fermo disposto dal pm Lorena Ghibaudo e confermato dal gip che si è poi dichiarata incompetente territorialmente e ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Busto Arsizio. La tesi del gioco erotico, tuttavia, non è al momento ritenuta credibile da chi indaga. Nei prossimi giorni gli inquirenti entreranno nelle case della vittima e del suo assassino per i primi accertamenti, così come inizieranno ad analizzare i cellulari sequestrati. Fontana ai carabinieri di Brescia ha anche aggiunto che dopo aver fatto a pezzi Carol Maltesi ha cercato di dare fuoco ai resti. “Ho prenotato un appartamento su Air B&B sito a Vararo, non ricordo il nome. Era una casa singola in collina, isolata. La prima volta ho pernottato due giorni per rendermi conto della logistica. Ho poi successivamente prenotato ancora una volta la medesima abitazione e, in questa occasione, ho portato con me i sacchi contenenti il corpo. Nella zona barbecue di questa abitazione ho provato ad appiccare il fuoco ai pezzi del cadavere, utilizzando alcol e benzina, ma mi son reso conto che non era fattibile. Ho quindi recuperato i pezzi e li ho riportati a casa di Carol mettendoli nel freezer” ha spiegato l’impiegato di banca ora in carcere.