Il Senato ha approvato la fiducia sul decreto Ucraina: a favore si sono espressi 214 senatori, contrari in 35, nessuno astenuto. I presenti erano 249. Il provvedimento, al centro dello scontro tra Giuseppe Conte e Mario Draghi, non ha al suo interno l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che impegnava l’esecutivo ad aumentare le spese militari al 2% del Pil. “Non abbiamo mai messo in discussione la fiducia”, ha detto la capogruppo M5s Mariolina Castellone annunciando il voto a favore del gruppo. Ma ha sottolineato l’importanza che l’odg non sia presente nel testo: “Abbiamo sgomberato il campo da confusioni strumentali”.
Dei 5 stelle, ha votato contro la fiducia il capogruppo della commissione Esteri Vito Petrocelli. Tra i senatori del M5s assenti ingiustificati al voto di fiducia sul Dl Ucraina c’era anche Gianluca Ferrara oltre al presidente della Commissione Bilancio, Daniele Pesco e al senatore Alberto Airola. Tra gli assenti anche Mauro Coltorti il quale, tuttavia, risultava formalmente in missione o in congedo. Tutti questi senatori avevano manifestato il loro disagio già in occasione delle comunicazioni di Draghi sul conflitto in Ucraina. In questo gruppo erano stato indicati anche Valerio Iunio Romano, che oggi ha votato a favore del decreto e, come lui, Marco Croatti anche lui favorevole alla fiducia.
Fondamentale, per riuscire a ricucire lo strappo nella maggioranza, è stata la mediazione raggiunta ieri dopo le parole del ministro della Difesa Lorenzo Guerini sulla “gradualità”. Un concetto ribadito oggi in Aula anche dal senatore dem Alessandro Alfieri: “Esprimo il convinto sostegno del Partito democratico”, ha detto. “Sull’aumento si procederà con gradualità, così come ha detto Guerini, nessuno può pensare che si possono raggiungere obiettivi del genere in poco tempo. Sul rispetto degli impegni con la Nato si misura la credibilità del nostro Paese. Usciamo dalle caricature”.
“Non abbiamo mai messo in discussione la nostra fiducia al governo o la certezza che l’Europa e la Nato vadano sempre difese e rafforzate”, ha detto Castellone nel suo intervento. “È davvero triste sentir definire populista chi dice che non possiamo sottrarre risorse a settori in ginocchio e a riforme, per investirle in armi”. Quindi riprendendo le parole di Giuseppe Conte, ha ribadito: “Ci sono interi settori in ginocchio, il 15% delle famiglie italiane non riuscirà a pagare le bollette, eppure per tutte altre forze politiche al centro dell’agenda sembra esserci il tema dell’aumento delle spese militari, e allora anche il dibattito su questo provvedimento è stato inquinato da chi provava a confondere i piani. Noi abbiamo sgomberato il campo da confusioni strumentali fra cose che non erano collegate fra loro, fra il dl Ucraina e il discorso delle scelte di bilancio nel settore Difesa, che vanno discusse e approfondite nelle sedi opportune senza fughe in avanti e provocatorie forzature. Così abbiamo ristabilito la normalità dell’iter legislativo che rischiava di essere dirottato su argomenti estranei. Mi domando cosa sarebbe successo senza la nostra strenua resistenza. Ecco a cosa serve il M5s, a difendere sempre i cittadini e il Paese, in questo caso da chi sfruttando l’onda emotiva di una guerra in corso cercava di perseguire interessi che hanno poco a che vedere con la sicurezza Paese e tanto con i profitti dell’industria militare”.
Dei cartelli con la scritta ‘no soldi per armi’ sono stati mostrati in Aula al Senato, al termine delle dichiarazioni di voto sul dl Ucraina. A quanto si apprende l’iniziativa è di alcuni senatori del Partito Comunista, di Alternativa e di Italexit. La presidente di turno, la senatrice del Movimento 5 Stelle Paola Taverna ha invitato i senatori a rimuoverli.