Una città in bilico fra il desiderio di un’apparente normalità ed una realtà che invece è fatta di allarmi aerei e qualche giorno fa di un paio di missili piombati a due passi dalle abitazioni. L’atmosfera che si respira a Leopoli è quasi surreale. Kiev, Kharkiv e Mariupol sembrano lontane anni luce. I negozi qui sono quasi tutti aperti, i ristoranti stellati continuano a servire i piatti della cucina internazionale, il traffico è più impazzito che mai, la gente passeggia serenamente e si ritrova nei pub mentre i bambini si divertono nei parchi. Nella piazza principale gli ambulanti scattano le foto ricordo e si può vedere persino qualche procacciatore dei classici tour turistici della città, fra le chiese austroungariche ed i vicoli pittoreschi di questa perla mitteleuropea.

Eppure, la guerra riecheggia anche qui e lo fa con una sequenza di allarmi aerei che martedì 29 marzo sono risuonati più volte durante la giornata. C’è chi corre nei rifugi, ma nei caffè in molti continuano a sorseggiare i loro cappuccini o la famosa cioccolata calda di Lviv. E mentre le sirene ricordano che il conflitto è sopra le nostre teste i vigili urbani proseguono nelle loro contravvenzioni per divieto di sosta. La guerra è anche questo.

A Leopoli non si beve più da diverse settimane: l’alcol è vietato, sia nei supermercati che nei ristoranti. Neanche sottobanco e neanche agli stranieri. Proibito. Di sera scatta il coprifuoco e dalle 22 bisogna addirittura spegnere le luci. Tutti a casa e tutti al buio, sperando che questa assurda normalità, qui nell’Ovest, possa durare a lungo.

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