Arrivano da Chernobyl e vengono ricoverati nel Centro repubblicano bielorusso di ricerca e pratica per la medicina delle radiazioni. Almeno sette autobus, sostengono gli ucraini, carichi di militari russi avrebbero varcato il confine in quella direzione. Partono tutti dalla zona di esclusione della centrale nucleare, teatro del più grave incidente atomico della storia nel 1986 e occupata dalle truppe di Mosca nei primi giorni dell’invasione dell’Ucraina.
E, secondo l’agenzia di stampa Unian che cita un membro del Consiglio pubblico di stato della zona di esclusione, i soldati presenterebbero sindrome da radiazioni acute. Una vicenda almeno in parte confermata da Energoatom, la compagnia nazionale che gestisce le centrali atomiche in Ucraina, che osserva come le truppe siano state esposte a significative radiazioni esterne e interne nella zona più vicine all’impianto di Chernobyl. I media bielorussi, citati da Ukrainian Pravda, parlano di militari che vengono “regolarmente portati” nella struttura deputata alle cure di chi è stato esposto alle radiazioni.
Fin dalle prime settimane dell’invasione, l’Aiea e le autorità ucraine lanciano allarmi riguardo alla sicurezza dell’impianto e, più in generale, riguardo ai rischi di operazioni militari nei territori più vicini all’impianto, poiché scavare trincee, muoversi con i carroarmati e scontrarsi in una zona dove i livelli di radiazioni restano ancora allarmati rischia di liberare nell’aria particelle dannose per l’uomo.
Un problema al quale si è aggiunto quello della stagione degli incendi, frequenti in zona in questo periodo. Il 26 marzo il ministero dell’Ambiente ucraino ha annunciato che nella zona di esclusione vicino alla centrale nucleare erano stati individuati 31 roghi per una superficie totale di 10.111 ettari e la contaminazione era in aumento. Diversi esperti hanno inoltre sottolineato come il fumo sia in grado di trasportare materiale radioattivo, anche a molti chilometri di distanza.