L'ex gip era stato condannato dal Tribunale salentino a 16 anni e 9 mesi per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. L'imputato: "Io voglio far emergere la verità perché la verità è dalla mia parte"
Oltre anni fa gli arresti e il disvelamento di un “sistema Trani”, poi il processo di primo grado. Ma oggi la Corte d’appello di Lecce, dichiarando la propria incompetenza territoriale in favore della Procura di Potenza, ha annullato la sentenza di primo grado con la quale l’ex gip tranese Michele Nardi era stato condannato dal Tribunale salentino a 16 anni e 9 mesi per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Nardi era accusato di aver garantito esiti processuali favorevoli in più vicende giudiziarie e tributarie in favore di imprenditori coinvolti nelle indagini dei pm di Trani in cambio di danaro, gioielli e varie utilità. La sentenza è stata annullata anche nei confronti degli altri 4 imputati. Gli atti sono stati trasmessi alla procura di Potenza.
La Corte d’appello di Lecce, presidente Vincenzo Scardia, ha così accolto una delle eccezioni preliminari presentate nella scorsa udienza dal legale di Nardi, Domenico Mariani, e contestate dalla pubblica accusa. Tra queste c’era la competenza territoriale con la quale si chiedeva di spostare a Potenza il procedimento perché collegato – secondo la difesa – alle funzioni di Carlo Maria Capristo, l’ex procuratore di Trani e di Taranto, indagato nel capoluogo lucano. Oltre a Nardi il Tribunale di Lecce, il 18 novembre 2020, aveva condannato a 9 anni e 7 mesi di reclusione l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, ritenuto complice dell’ex pm tranese Antonio Savasta (condannato in primo grado con rito abbreviato in un processo-stralcio a 10 anni); 6 anni e 4 mesi erano stati inflitti all’avvocatessa barese Simona Cuomo; 5 anni e 6 mesi a Gianluigi Patruno; 4 anni e tre mesi a Savino Zagaria, cognato di Savasta. “Queste decisioni si prendono quando si è convinti che nel merito le cose non stanno come dice l’accusa, altrimenti non si arriva a queste conclusioni che riportano il processo alle sue fondamenta” dicono i legali di Nardi, Domenico Mariani e Carlo Taormina.
“Sono stato trattenuto due anni e mezzo in custodia cautelare in carcere da una Procura e un Tribunale incompetenti territorialmente, così come avevo eccepito sin dal primo momento dell’arresto, anzi ancora prima, in una memoria difensiva che è stata definita un tentativo di depistaggio e, invece, avevo ragione io – afferma Nardi – È stata distrutta la mia vita, quella della mia famiglia – accusa – da un Tribunale, una Procura che non aveva alcuna competenza in materia. Io voglio far emergere la verità perché la verità è dalla mia parte. Io sono innocente, l’ho sempre urlato e, nonostante 30 mesi di custodia cautelare, non mi sono mai piegato ad ammettere qualcosa che non avevo fatto perché io non l’ho fatto, perché non ho commesso reati e ho avuto il coraggio di andare avanti e di testimoniarlo sulla mia pelle, con 30 mesi di tortura”.