Pur essendo evidente che l’armata russa sta indietreggiando, la minaccia di nuovi attacchi resta altissima. Nelle ultime 48 ore la calma è tornata a regnare sulla capitale. In centro, nella zona più elegante, stanno piano piano riaprendo caffè e ristoranti
Sono le 12,35 esatte quando un boato scuote la tranquilla atmosfera di Lukiavinska, il quartiere alla periferia nord-occidentale di Kiev. Un tonfo sordo, isolato, non preceduto o seguito da altre schermaglie. L’unica testimonianza plastica in controtendenza rispetto agli enormi progressi compiuti dalla capitale ucraina negli ultimi due giorni sul fronte dell’allarme sicurezza. Stallo, quiete prima di una nuova tempesta? La città, di fatto, è entrata in una sorta di tregua che promette bene, ma che di certo non consente di annunciare la fine delle ostilità.
Pur essendo evidente che l’armata russa sta indietreggiando alle porte di Kiev, dopo aver perso Irpin e in attesa di mollare anche Bucha, la minaccia di nuovi attacchi resta altissima. Sempre oggi si sarebbe completata la ritirata della forza russa sul fronte opposto, nel distretto di Brovary, circa 30km a nord-est della capitale. Gli strateghi militari ipotizzano una nuova strategia di attacco da parte di Mosca anche sulla principale città ucraina. Va, tuttavia, registrato come nel giro di due giorni le cose siano cambiate in maniera evidente a Kiev. L’ultimo allarme anti-aereo (annunciato sui telefonini dal governo prima dell’avvio delle sirene) risale alla serata di ieri, quando in generale erano stati appena due. Per non parlare dei violenti scontri armati di inizio settimana, sempre tra Irpin e Bucha: la notte tra martedì e mercoledì è stata drammatica in questo senso e il timore di una recrudescenza del conflitto ha fatto temere il peggio. In realtà si trattava di una sorta di epilogo del confronto più aspro, anche se l’area di Irpin, a 25km in linea d’aria da Maydan, resta off-limits.
Lunedì scorso la zona era semi-deserta e immersa nel silenzio più totale. Oltre alla devastazione provocata dal missile, rimasta tale, in giro soltanto i militari impegnati nei posti di controllo stradali e pochi anziani a fare la spesa. Quattro giorni dopo la scena appare diametralmente diversa. Il mercato rionale, coi cancelli allora chiusi con le catene, ha riaperto. Dentro il grosso delle bancarelle non sono attive, ma qualche commerciante ambulante ha già riaperto. Gennady vende la carne: “Io e mio fratello abbiamo riaperto stamattina, non c’è movimento come prima della guerra, ci mancherebbe, ma è un inizio. Speriamo di poter andare avanti così, ma temo che il peggio possa tornare”. Un artista locale sta mettendo mano alla pensilina del tram davanti all’ingresso della metro e sulla vetrata lesionata dall’onda d’urto ha realizzato coi colori giallo-blu dell’Ucraina l’immagine di un bambino con la sua mamma e il segno della vittoria.
In tutta l’area circostante gli abitanti tornano a passeggiare e i bambini a giocare, si respira un senso di momentanea liberazione in attesa degli eventi. Il volume della circolazione veicolare lungo le strade della capitale è quanto meno raddoppiato rispetto a inizio settimana, ci sono le prime code ai check-point; certo nulla a che vedere col caos traffico precedente alla guerra. In generale sono tornati i rumori urbani tipici di una grande città nonostante il dimezzamento della sua popolazione. Il 1° aprile indica un’altra data importante in Ucraina: dal pomeriggio di oggi sarà possibile tornare ad acquistare alcol nei supermercati dopo 36 giorni di divieto assoluto posto dal governo di Kiev. In centro, nella zona più elegante, stanno piano piano riaprendo caffè e ristoranti. I primi a tentare l’azzardo erano stati alcuni locali ‘alla moda’ per giovani di via Shota Rustaveli, a due minuti dallo Stadio Olimpico di Kiev. Ora, come in un effetto domino, le saracinesche rialzate non si contano e non si limitano più soltanto alle farmacie e ai magazin, i piccoli alimentari rionali.