La statua di san Nicola venerata a Bari entra a gamba tesa nella guerra in Ucraina. Stavolta il motivo non è legato né alla profonda devozione che del santo hanno sia i fedeli pugliesi che quelli russi, cattolici e ortodossi, e nemmeno alla possibilità che questa figura possa rappresentare il ponte tra due mondi attualmente distanti. Magari, come era stato ipotizzato in un recente passato, come luogo di incontro per un nuovo, il secondo, faccia a faccia tra Papa Francesco e il Patriarca ortodosso russo Kirill, oppure come location ideale per firmare una pace per la quale la diplomazia della Santa Sede si è spesa tantissimo fin dall’inizio del conflitto. La statua di san Nicola stavolta dà fastidio perché fu donata alla città di Bari dal presidente russo Vladimir Putin. Un dono che ora più di qualcuno vorrebbe occultare proprio a causa del suo donatore. Era il 14 marzo 2007 quando il presidente russo, in visita nel capoluogo pugliese, regalò la statua oggi motivo di discordia. Da allora il dono di Putin si trova davanti alla Basilica di San Nicola, nel centro storico di Bari.

A seguito delle recenti polemiche, una bandiera della pace è stata legata alla statua dalla fotografa e artista barese Teresa Imbriani in segno di solidarietà al popolo ucraino. “Ho voluto fare questo piccolo gesto simbolico, ma visibile a tanti che attraversano ogni giorno la piazza – ha spiegato la donna – perché non condivido l’idea di rimuovere la statua, bensì di considerarla l’ennesimo strumento per lanciare un messaggio di pace”. Nelle scorse settimane, infatti, è partita una petizione online, che ha raggiunto in pochi giorni quasi 18mila firme, per rimuovere la targa con la firma di Putin dalla statua del santo che riporta anche una dedica ai baresi “in nome della amicizia e cooperazione tra i due popoli”. “Avere una dedica di Putin dopo quanto accaduto in Ucraina davanti a uno dei monumenti religiosi più importanti della regione – si legge nella petizione – è un’onta agli occhi del mondo. Venga immediatamente eliminata e sostituita da un messaggio di pace e amicizia con la popolazione ucraina che sta facendo scudo con i suoi corpi e il suo coraggio all’intera Europa”. A quella statua, nei giorni immediatamente successivi all’inizio del conflitto, il sindaco di Bari, Antonio Decaro, aveva portato dei fiori proprio “come gesto di solidarietà” al popolo ucraino. Lo stesso Bergoglio, pregando sulla tomba del santo, aveva ricordato che la sua “venerazione solca i mari e valica i confini tra le Chiese”.

L’arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano, è in partenza per Leopoli per un viaggio condiviso con 200 partecipanti provenienti da varie regioni italiane e da associazioni del mondo cattolico e laico componenti la Carovana della pace. “Dopo un secolo, – spiega il presule – l’Europa viene nuovamente fagocitata nel baratro di una guerra, preparata dall’ottusità di molti e dal delirio di altri”. E ricorda “la sirena lugubre e straziante che annuncia l’arrivo di bombe, orrida conseguenza di una involuzione della politica, ormai consegnata a logiche mercantili e di parte, e poco dedita a una diplomazia attenta e oculata. Ma oggi chi è disposto a osare la pace?”. Per monsignor Satriano la risposta risiede in “chi crede nell’amore, nell’umanità, nella vita che è dono, nel valore e nella dignità di ogni creatura. Osa la pace chi viene ribaltato dalla forza della Pasqua e torna a vibrare dinanzi al mistero di Dio e dell’uomo, aprendo veri canali umanitari di speranza. Osa la pace chi con l’amore ha seppellito la morte, attestando prossimità e solidarietà, vera risposta al dolore dell’uomo”.

Francesco è tornato più volte su quella che ha definito la “mostruosità della guerra”, chiedendo di rinnovare “le preghiere perché si fermi questa crudeltà selvaggia che è la guerra”. “Nelle ultime settimane poi, – ha affermato il Papa – si è aggiunta la tragedia della guerra in Ucraina: pensiamo a quanti sono più svantaggiati. Cari fratelli e sorelle, in questa situazione la nostra risposta dev’essere la solidarietà, il ‘fare rete’. Solidarietà nella preghiera e solidarietà nella carità che si fa condivisione concreta. Di fronte a tante ferite, soprattutto dei più vulnerabili, non sprechiamo l’opportunità di sostenerci a vicenda. Facciamoci carico della sofferenza umana con progetti e proposte che mettano al centro i più piccoli”. Appelli che arrivano dopo la consacrazione al cuore immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina, un gesto ispirato dal segreto di Fatima, nella speranza della rapida fine del conflitto.

“È passato più di un mese – ha ricordato Bergoglio – dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, dall’inizio di questa guerra crudele e insensata che, come ogni guerra, rappresenta una sconfitta per tutti, per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono. La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire di una società. Ho letto che dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego”.

Per Francesco “la guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia. Prego per ogni responsabile politico di riflettere su questo, di impegnarsi su questo! E, guardando alla martoriata Ucraina, di capire che ogni giorno di guerra peggiora la situazione per tutti. Perciò rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace! Preghiamo ancora, senza stancarci, la regina della pace, alla quale abbiamo consacrato l’umanità, in particolare la Russia e l’Ucraina, con una partecipazione grande e intensa”.

Nelle costanti parole del Papa c’è il segnale eloquente delle due direttrici sulle quali, fin dall’inizio del conflitto, si è mossa l’azione della Santa Sede: quella diplomatica, nel tentativo di favorire la mediazione e quindi la pace, e quella umanitaria, con un aiuto concreto e immediato alle popolazioni sofferenti. Ma tutto ciò senza dimenticare la dimensione religiosa che è un aspetto fondamentale per comprendere appieno la guerra in Ucraina. Un tema che Francesco ha affrontato non a caso con il Patriarca Kirill ricordando che “un tempo si parlava anche nelle nostre Chiese di guerra santa o di guerra giusta. Oggi non si può parlare così. Si è sviluppata la coscienza cristiana della importanza della pace”. Aggiungendo che “le guerre sono sempre ingiuste. Perché chi paga è il popolo di Dio. I nostri cuori non possono non piangere di fronte ai bambini, alle donne uccise, a tutte le vittime della guerra. La guerra non è mai la strada. Lo Spirito che ci unisce ci chiede come pastori di aiutare i popoli che soffrono per la guerra”.

Parole alle quali fanno eco quelle del cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi: “In un’ora del mondo segnata da grande dolore abbiamo bisogno di stringere più forti legami di amicizia, come segno tangibile della nostra volontà di pace. Proprio mentre ci sembrava di uscire da una prova terribile, quella della pandemia, eccoci di fronte a una guerra sanguinosa, che bussa alle nostre porte e fa appello alle nostre coscienze, così come a quelle dei responsabili della politica. Dobbiamo unirci per chiedere con forza la cessazione dei combattimenti tra Russia e Ucraina e una soluzione pacifica delle controversie, nella ricerca del bene comune”.

Twitter: @FrancescoGrana

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