Il gruppo francese Kering che detiene anche il marchio del lusso italiano Bottega Veneta ha definito “la propria posizione con il fisco italiano, mediante accertamento con adesione, versando nelle casse dell’Erario la somma” di oltre 186 milioni di euro, “a titolo di maggiori imposte dovute, sanzioni e interessi”. Lo rende noto in un comunicato il procuratore facente funzione di Milano Riccardo Targetti, dando conto anche delle indagini della Gdf che hanno accertato “l’esistenza e l’operatività in Italia della stabile organizzazione occulta” per aggirare il fisco in relazione allo sfruttamento commerciale del marchio. Kering, quotata a Parigi, ha un valore di borsa di 71 miliardi di euro. Oltre a Bottega Veneta controlla i marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Boucheron, Brioni, Pomellato. Ha chiuso il 2021 con ricavi per 17,6 miliardi di euro e utili per 3,3 miliardi in aumento del 48% rispetto al 2020.

Le indagini, coordinate dal pm Stefano Civardi e dall’aggiunto Maurizio Romanelli, sono state delegate ai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Gdf di Milano che hanno effettuato verifiche su due società del gruppo Kering: la prima è la divisione Bottega Veneta della Luxury Goods International S.a che aveva un ruolo di produzione e distribuzione in tutto il mondo dei prodotti di lusso della maison con sede in una villa settecentesca a Montebello Vicentino: la seconda è Bottega Veneta S.a dal 2012 detentrice del marchio della maison e quindi dei diritti di sfruttamento. Gli accertamenti delle fiamme gialle hanno dimostrato l‘esistenza di una stabile organizzazione in Italia non dichiarata. Per questo sono indagati per omessa dichiarazione dei redditi i 4 legali rappresentanti pro tempore delle due società svizzere. I fatti contestati vanno dal 2012 al 2019.

Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di “dimostrare – si legge nella nota di Tagetti – che le primarie funzioni aziendali” della Divisione” erano state prevalentemente esercitate a Milano, da personale operativo presso le consociate italiane del gruppo multinazionale di appartenenza”. Al contrario le due società elvetiche avrebbero svolto “funzioni ausiliarie allo sviluppo del business aziendale”, come la logistica e il customer serivice, tali da essere qualificate “operatori economici connotati da un ridotto rischio di impresa, le cui attività giustificano il conseguimento di limitati margini reddituali”.

Inoltre è stato accertato, è scritto sempre nel comunicato stampa, che la principale consociata estera “aveva conseguito” in Svizzera “un ingente risparmio di imposta conseguente alla stipula di un tax ruling con l’amministrazione fiscale” elvetica con “un abbattimento (dal 50 al 70 per cento) delle imposte Cantonali, Federali e comunali, ottenendo un tax rate effettivo medio pari al 7,87%” . Le indagini penali quindi hanno portato a ricostruire la reale operatività in Italia delle due società estere con successiva “rideterminazione del reddito imponibile non dichiarato e delle imposte evase” e la definizione da parte di Kering della propria posizione con il fisco versando all’erario 186.778.639 euro a titolo “di maggiori imposte dovute, sanzioni e interessi”. L’inchiesta è simile a quella che in passato aveva riguardato il marchio Gucci..

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