La sentenza di Cassazione è stata accolta da un deserto arido di lanci d'agenzia: tacciono i tantissimi che si indignarono dopo il ribaltamento del verdetto in appello, dipingendo l'ex primo cittadino di Lodi - senza ancora aver letto una riga di motivazioni - come la vittima inerme di un complotto di pm politicizzati. Una ricostruzione alimentata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che si sentì in dovere di fare pubblica ammenda per aver chiesto le sue dimissioni dopo lo scandalo. Solo Toninelli rivendica: "Mi massacrarono perché rimasi sulla mia posizione, chissà se provano un po' di vergogna"
Adesso non parla più nessuno. La sentenza che ha annullato con rinvio l’assoluzione di Simone Uggetti è stata accolta da un deserto arido di lanci d’agenzia. Tacciono soprattutto i tantissimi che dopo l’assoluzione in appello lo fecero diventare un simbolo, una vittima inerme dei pm politicizzati e martire della gogna mediatica andata in scena a seguito dell’arresto del 2016 per turbativa d’asta per aver truccato il bando per l’affidamento della gestione di due piscine comunali (a cui seguì una condanna in primo grado a dieci mesi nel 2018). Una ricostruzione alimentata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che si sentì in dovere di fare pubblica ammenda per aver chiesto – da capo politico del Movimento – le dimissioni del sindaco dopo l’arresto: “Le modalità con cui lo abbiamo fatto, anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli“, scriveva in una lettera al direttore del Foglio. “Anche io contribuii ad alzare i toni e a esacerbare il clima“, si scusava, condannando “l’utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale” e “l’imbarbarimento del dibattito associato ai temi giudiziari come “atteggiamento mediatico e pubblico che ha contagiato molte forze politiche in quegli anni”. Ora tra quelli che tacciono ci sono anche i maggiori esponenti del Movimento 5 Stelle, che pure, in quei giorni, vennero accusati di giacobinismo da tutto l’arco delle forze parlamentari.
Era fine maggio 2021. Quando le motivazioni dell’assoluzione arrivarono, ben sei mesi più tardi, sorpresero per il loro percorso logico: la Corte d’Appello di Milano non contestava che il sindaco avesse predisposto il bando di gara in “collaborazione” con Cristiano Marini, avvocato e consigliere della Sporting Lodi, la società che poi vinse l’appalto. Ma sosteneva che i colloqui intercettati tra i due fossero un”interlocuzione del tutto fisiologica”, rientrante in un “margine discrezionale di intervento riconosciuto dalla legge per l’esercizio di poteri di indirizzo” e priva di “una incidenza indebita e collusiva sul bando di gara”. Determinante per l’assoluzione era stata “una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme al principio di offensività“, secondo cui “la turbativa d’asta non ricorre in presenza di qualsiasi disordine relativo alla tranquillità della gara”, che in quel caso era indicutibile, ma è “necessaria una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della Pubblica amministrazione”. In quel caso, invece – secondo il collegio – la Sporting Lodi “possedeva tutte le caratteristiche per realizzare la miglior gestione possibile delle piscine scoperte. Dunque, la soluzione era satisfattiva degli interessi economici e dell’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio possibile a beneficio dei cittadini del territorio lodigiano”, anche se il bando era stato formato in modo irregolare.
La tesi, oggettivamente ardita, non ha retto al vaglio della Cassazione che ha annullato la sentenza (probabilmente considerandola viziata da errore di diritto, come aveva già sostenuto sul Fatto il giudice Antonio Esposito) e ordinato un nuovo processo d’appello, che si terrà di fronte a un’altra sezione della Corte milanese. È utile allora andare a recuperare le dichiarazioni di quei giorni di maggio, che col senno di poi sembrano il frutto di uno strisciante delirio collettivo. Dopo il mea culpa di Di Maio si era aperta – anche all’interno del M5S – una specie di gara a salire sul carro di Uggetti, con l’ex sottosegretario Stefano Buffagni che addirittura proponeva di candidarlo alla Camera insieme al Pd nel collegio vacante di Siena (poi riservato a Enrico Letta). Mentre tutti gli altri partiti infierivano approfittando dell’assist: “Il M5S dovrebbe vergognarsi per come ha massacrato la nostra immagine” (Matteo Renzi), “Il tempo è galantuomo, ma certi personaggi sicuramente non lo sono. Qualcuno oggi dovrebbe chiedere scusa a Uggetti” (Ettore Rosato), “Solidarietà a Uggetti, più tutela giuridica per tutti i sindaci” (Matteo Salvini), “Nessuno gli ridarà indietro questi anni” (Letta).
Oggi, invece, tutti in silenzio stampa. E sembra averlo notato lo stesso Uggetti, che in un video pubblicato su Facebook chiede “a chi ha responsabilità politiche, non solo di darmi una pacca sulle spalle ma di passare all’azione. Da cittadino a me pare un accanimento senza senso. Ho anche la spiacevole sensazione di essere utilizzato come ingranaggio impotente in un meccanismo che vede partecipi una lotta di potere all’interno della magistratura e un conflitto, anche questo di potere, irrisolto, tra giustizia e politica”, denuncia. Oltre alla sua, l’unica dichiarazione in agenzia è quella dell’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli: “Vi ricordate l’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti? Mi massacrarono, come al solito, a reti unificate perché rimasi sulla mia posizione dopo la sua assoluzione in appello. Ebbene la Cassazione ha appena annullato questa sentenza. Tutto da rifare. A questo punto domando a coloro che vomitarono veleno su di me cosa ne pensano e se, oggi, un po’ di vergogna la provano”. Chissà se qualcuno risponderà.