Con lo scoppio della guerra in Ucraina, l’inflazione ha ripreso a correre: l’Istat registra a marzo un incremento dei prezzi del +5,8% per il pane e del +13% per la pasta, ma se si analizzano i listini medi delle varie province italiane pubblicate dal Mise, si scopre che i rincari in alcune città italiane sono ben superiori alla media. A farlo notare è Assoutenti, associazione dei consumatori, che nei giorni scorsi aveva lanciato l’allarme circa gli aumenti dei listini al dettaglio che stanno interessando beni di largo consumo come appunto pane e pasta. In particolare, Assoutenti ha elaborato i numeri sull’andamento dei prezzi nelle varie città italiane nello scorso mese, registrando rialzi in alcuni casi addirittura a doppia cifra: “Le nostre previsioni trovano purtroppo conferma sia nei dati sull’inflazione di marzo dell’Istat, sia negli ultimi numeri diffusi dal Mise”, si legge in una nota.

Nel dettaglio, per il pane, la città che nell’ultimo mese registra i rincari più elevati è Terni, con i prezzi medi che rispetto al mese precedente salgano del +9,9%, da 2,22 euro al kg a 2,44 euro, analizza Assoutenti. A poca distanza troviamo Cremona, con aumenti al dettaglio dell’8,4% su base mensile, mentre al terzo posto tra le città dove il pane rincara di più si piazza Padova (+6%).

La situazione peggiora sul fronte della pasta, e la Calabria si aggiudica la maglia nera dei rincari: a Catanzaro il prezzo al chilo passa in un solo mese da 1,22 euro a una media di 1,41 euro, con un incremento del 15,6%. A Reggio Calabria si registra un aumento del 13%, simile a Cosenza (+12,5%). Una emergenza quella dei prezzi che ha portato per la prima volta in Italia tutte le associazioni dei consumatori iscritte al CNCU ad unirsi in una Assemblea generale indetta per il prossimo 6 aprile e finalizzata a presentare al Governo un pacchetto di misure contro i rincari.

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