Quando divampa una guerra l’orrore è dato non solo dallo scempio dei corpi, dalla morte, dalla violenze, dagli stupri, dai saccheggi ma anche dalla devastazione dei monumenti. Solo gli storici o gli anziani ricordano la devastazione delle città italiane da parte degli alleati anglo-americani, con il 70% degli edifici distrutti o gravemente lesionati: non furono risparmiati gli edifici vincolati, nonostante il preventivo allarme di Bottai, Siviero e Chierici che misero a riparo tutte le opere d’arte. Giocarono un ruolo fondamentale le Soprintendenze, che già negli anni 30 cominciarono a schedare e censire tutto il patrimonio storico-culturale arrivando a catalogare i beni mobili e le dimensioni delle casse idonee per il loro trasporto in caso di pericolo.
Poco si parla del grande patrimonio architettonico e artistico a rischio nella capitale dell’Ucraina, Kiev, e anche a Odessa, la seconda città per importanza come storia. C’è voluto il bombardamento del teatro di Mariupol per porre l’accento dei monumenti a rischio.
L’orgoglio e il nazionalismo ucraino viene da lontano e ha ragioni storiche e architettoniche, dacché da sempre l’architettura è connessa con la storia. Il potere, infatti, non solo è espresso con le idee e gli eserciti ma anche e direi soprattutto con segni tangibili, quali sono i monumenti. Ogni imperatore romano, ogni duca fiorentino, ogni principe sabaudo, ogni regnante europeo sapeva di dover dimostrare la sua grandezza attraverso “il costruire”, chiamando attorno a sé i migliori architetti.
Kiev, come rivendicano e ricordano sempre gli ucraini, è sorta otto secoli prima di Mosca: un modo di dire è “quando noi avevamo già quattro cattedrali, voi avevate solo quattro boschi”. Ora, anche per questo motivo, sono a serio rischio i simboli della cultura ucraina: Kiev ha 300 chiese, molte risalgono al periodo di massimo splendore, cioè l’undicesimo secolo, quando fu costruita Santa Sofia, molto simile alla cattedrale di Costantinopoli, stante i forti legami con questa città. Molti anche i teatri, data anche la passione per la musica e il balletto, diventati anche in questo caso come in tutte le guerre un obiettivo da abbattere. Successe nel 1943 alla Scala di Milano bombardata dagli inglesi, è successo pochi giorni fa, come ricordato prima, a Mariupol.
La capitale Kiev fu proclamata, per questo patrimonio, primo sito Unesco dell’Ucraina nel 1990, nazione che attualmente ne ha sette. La Rus’ di Kiev è la culla della civiltà russa – non il contrario – e risale al VIII secolo ma Kyiv risale al VI secolo d.C. Alcuni borghi attorno alla città principale, sul fiume Dnepr, risalgono addirittura al VII secolo a.C., Tyras nel I sec d.C. fu protettorato romano. Molte chiese furono distrutte dai Tatari nel 1240, data che segna l’inizio del martirio ucraino: prima annessa alla Polonia, poi con lo zar Pietro il Grande che ne inizia la “russificazione”, diventa capoluogo di provincia. Putin pare desideri ispirarsi a questo Romanov, senza possederne la voglia di cultura che almeno questo zar deteneva tanto da fondare l’Accademia delle Scienze.
Nel 1700 furono chiamati molti architetti italiani, tra cui spicca Francesco Rastrelli che progettò lo splendido Palazzo Mariinskij, anche sede di rappresentanza dell’attuale Presidente ucraino.
Non dimentichiamoci però di Odessa, da giorni sotto assedio e anch’essa con un patrimonio architettonico e artistico inestimabile. Basti ricordare il Monastero, di fronte alla stazione ferroviaria, il Teatro dell’Opera, la sede governativa e la iconica scalinata, resa celebre da Ejzenstejn nel film La corazzata Potëmkin e che conduce al porto.
Mosca, viceversa, è più recente: il suo fulgore iniziò nel XV secolo, Ivan III invitò gli architetti italiani a ricostruire la fortezza del Cremlino ma soprattutto a costruire in modo magniloquente la città. E così operarono Aloiso da Milano, Antonio Gilardi, Pietro Antonio Solari e successivamente il già citato Francesco Rastrelli, la cui maestria fu quella di coniugare l’italianità nelle proporzioni e in certe tipologie architettoniche, insomma il loro stile alle cromie ed enfasi russe. Lo stesso spirito che mi anima quando progetto nuovi edifici nelle varie zone d’Italia: coniugare il mio stile con la storia del luogo, assumendone l’imprinting.
A loro fu affidato il compito, come ricordo sopra, di ricostruire le torri del Cremlino cioè della fortezza, perché in russo Kreml’ ha questo significato. Con l’avvento dello zar Nicola I, il palazzo del Rastrelli fu demolito per dar luogo a un altro imponente edificio affidato all’architetto Kostantin Thon, la cui costruzione durò più di dieci anni, dal 1838 al 1849. Questo complesso architettonico incute già di per sé timore per l’impenetrabilità che emana, per la vastità: è uno delle sedi presidenziali più grandi del mondo (la seconda per superficie), con i suoi 275mila mq – se si pensa che il Quirinale è di “soli” 170mila mq.
Anche qui nell’architettura si gioca il potere del personaggio Putin: l’ingresso trionfale ogni volta che esce dalle porte dorate alte circa dieci metri del gran palazzo del Cremlino, la cui altezza interna e di 18 metri, è un modo per sottolineare la riverenza che si deve alla Grande Russia e al suo nuovo Zar. Il Cremlino è un compendio controverso di stili ed ispirazioni dal XV al XIX secolo, con il barocco, l’architettura russa del XVII secolo, il neo classico.
Questo complesso, ma in special modo il cosiddetto Gran Palazzo, è tutto un’enfasi di assolutismo, pur nelle voluttuose camere dorate – se ne contano 700 – di un raro sfarzo e opulenza, ciò che gli Zar volevano dimostrare. Anche Putin adesso, suo controverso inquilino, un misto, un compendio tra sovietismo ed imperialismo zarista, sembra volerci trasmettere da oltre le sue mura impenetrabili il desiderio di dominio sull’Europa.