Difficile immaginare una persecuzione più violenta di quella subita da Paola Scaramozzino, giornalista Rai oggi in pensione, ex del Tg3 e di RaiNews, che sin dagli anni Novanta si era trasferita con tutta la famiglia (e gli animali) ai Castelli Romani. Non sono bastati 20 anni di denunce (anche vinte) per far smettere gli attacchi del vicino
“Non sono bastati 20 anni e 33 denunce per far cessare le persecuzioni violente del mio vicino. Sono costretta a vendere la mia villa, mi arrendo”, è lo sfogo della giornalista Paola Scaramozzino. Il dato è conosciuto nelle aule dei tribunali. Gli italiani sono un popolo di vicini che spesso si guardano in cagnesco. Le cause per le liti di vicinato sono mezzo milione all’anno, sono in aumento e spesso la questione non finisce nemmeno lì, con una sentenza. Le turbolenze proseguono, il rancore non si assopisce. Non torna la pace, e partono di nuovo le denunce.
Però è difficile immaginare una persecuzione più violenta di quella subita da Paola Scaramozzino, giornalista Rai oggi in pensione, ex del Tg3 e di RaiNews, che sin dagli anni Novanta si era trasferita con tutta la famiglia (e gli animali) ai Castelli Romani. Era un regalo dei genitori. Per farla felice e vivere fuori dal caos di Roma, più in armonia con la natura. Pensava di trovare il paradiso, è sprofondata all’inferno. Costretta a vivere con un vicino impossibile che sembra (questa almeno la percezione di tutti, baby sitter compresa) aver dedicato la sua intera esistenza a fare stalking. In ogni modo. Con venature da horror.
Non c’è stato nulla da fare. Non sono bastati 20 anni di denunce (anche vinte) per farlo smettere. Nel frattempo Paola ha trovato le oche e le galline sgozzate: “Erano oche francesi che ti seguono, vengono se le chiami, si fanno accarezzare. Le ho seppellite con un dolore immenso”, racconta con le lacrime agli occhi. Poi il mastice nelle serrature. I tombini intasati con il cemento, così che quando pioveva si allagava tutto. Il pozzo svuotato dell’acqua. E poi una lunga sequenza di minacce. Persino pedinamenti. Alla fine ha gettato la spugna. Nessuno è riuscito a darle giustizia e a far cessare la persecuzione. Eppure si sono susseguite nel tempo ben 33 denunce. Nulla da fare. Alla fine la decisione: mettere in vendita la villa sull’Appia, a Sud di Velletri. Fine di un’esperienza che pensava bellissima, insieme al marito, alla figlia e ai sui animali.
Tutto inizia nel 2003. Muore il padre di Paola e il vicino strappa i manifesti del lutto collocati sul cancello: “Ero allucinata”. Poi le denunce, sempre derubricate dalla procura a liti di vicinato. Perché il vicino sostiene che la strada è sua. L’ha già sbarrata. Ha intimorito due agenti immobiliari. E in una riunione l’ha detto chiaramente: non permetterà a nessuno di usarla, benché non sia sua. Infine l’episodio più doloroso, come racconta la giornalista al Messaggero: “Urlava: devi togliere le galline e le oche. Decine di denunce sue e alla fine arrivano a casa mia il direttore della Asl, il 113 e la polizia municipale per vedere l’allevamento di polli. Era tutto ok. Giunte scuse ufficiali da parte del dirigente dell’Azienda sanitaria. Giorni dopo la macabra scoperta: ho trovato 5 galline morte nel terreno di 1500 metri quadri e 3 oche decapitate nella tinozza piena di acqua dove si facevano il bagno”.
La vita di Paola è diventata un inferno: “Mi sento violentata nella mia persona. È la mia casa. Ho l’ansia quando entro nella strada perché non so mai cosa mi aspetta. Ho sempre il cellulare in una mano. Il 112 arriva subito quando lo chiamo. Mi conoscono i carabinieri, la polizia municipale, tutti, ma non ho scelta: devo vendere la casa in cambio della serenità”. Ma con quante possibilità di successo? Paola ha scritto anche una toccante lettera a Castellinotizie e ammette: “Mi hanno chiamato i signori dell’agenzia: hanno paura di portare le persone in visita. Io in questa casa non ci posso stare e neanche la posso vendere. Non avrò giustizia e la mia frustrazione aumenta a dismisura mentre lui continua a restare impunito”.