Era il 17 di novembre del 2015. Matteo Renzi era presidente del Consiglio da più di un anno e mezzo; e da più di un anno e mezzo l’esercito russo aveva occupato la Crimea, fatto cui era seguito il referendum per annettere la penisola al governo di Mosca. Quattro giorni prima l’Occidente era stato sconvolto dagli attentati di Parigi, che costarono la vita a 137 persone. L’allora segretario del Pd stava rispondendo alle domande di Mario Calabresi. L’allora direttore de La Stampa gli domandò se, di fronte al nuovo protagonismo di Vladimir Putin, ci si potesse fidare di lui. E Renzi disse: “Rispondo con un tweet: sì. Nessuno nella comunità internazionale può immaginare di costruire l’identità europea contro il vicino di casa più grande, considerandolo nemico. Costruire l’identità europea contro la Russia è un’assurdità. Ciò non significa fare ciò che dice Putin, come sento dire talvolta nel dibattito italiano. Vladimir Putin è il capo di un Paese che è assolutamente cruciale per la stabilità del mondo. Sarebbe assurdo alzare una cortina di ferro tra l’Europa e la Russia”.