“Scuse dai politici sulla morte di mio fratello? Direi di no. Mi risulta, per esempio, che l’onorevole Giovanardi continui a parlare di altre cause di morte nonostante le evidenze. Io provo pena per lui. Adesso sono veramente stanca, ma non tanto per me, perché ho capito di avere le spalle larghe, quanto per i miei genitori che per tutto questo si sono ammalati. Stefano Cucchi non è morto di suo, è stato ammazzato di botte, lo ha detto al suprema corte di Cassazione e adesso non voglio più sentire niente di diverso”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “Non stop news”, su Rtl 102.5, da Ilaria Cucchi riguardo alla tesi ribadita ieri dall’ex ministro Carlo Giovanardi, il quale non solo si è rifiutato di chiedere scusa alla famiglia Cucchi ma ha anche ripetuto che un’altra sentenza darebbe la responsabilità della morte di Stefano Cucchi alla droga e ai medici.
Ilaria Cucchi commenta la sentenza della Corte di Cassazione che ha condannato i due carabinieri a 12 anni per omicidio preterintenzionale per la morte di Stefano: “Sono ancora frastornata. Oltre dodici anni di vita sono tanti. La mia vita è cambiata per sempre, è stata stravolta. Ho dovuto prendere decisioni che mai avrei pensato, ma lo rifarei altre diecimila volte. La cosa che mi sento di dire è che ne usciamo tutti sconfitti. Sicuramente è un grande momento, perché hanno vinto la verità e la giustizia – continua – ma il prezzo che ho pagato io e che hanno pagato i miei genitori è stato troppo alto. E su questo invito tutti a riflettere. In questi 13 anni ho capito di avere la capacità di non arrendermi mai. Quando si sa di essere nel giusto, quando non si accettano le ingiustizie, quando si rifiutano le ipocrisie, bisogna andare avanti con tutte le proprie forze. A volte è veramente faticoso, però alla fine ce l’abbiamo fatta”.
E aggiunge: “Ho imparato che alla fine la giustizia è fatta dalle persone. Per gran parte di questi anni mi sono purtroppo scontrata contro istituzioni ostili. Poi c’è stata la svolta proprio nel momento in cui ci doveva essere la pietra tombale della nostra vicenda, ovvero la sentenza d’appello del primo processo, quello che io definisco sbagliata dove venivano assolti tutti dopo tanti anni per insufficienza di prove. Lì non è stato il nostro fallimento, ma quello della giustizia – spiega – che dopo anni e anni finalmente pronunciava la parola “pestaggio”. Stefano Cucchi non era morto di suo, non era caduto dalle scale, ma era stato pestato, solo che la giustizia non era stata in grado di individuare i responsabili. Quella è stata la vera svolta. Da lì abbiamo ricominciato. Ho avuto la fortuna di avere al mio fianco un avvocato fantastico, Fabio Anselmo, ma anche il dottor Musarò, senza il quale non saremmo qui. Oggi possiamo mettere la parola fine a tutta questa triste vicenda”.
Ilaria Cucchi conclude ringraziando la stampa per l’opera di informazione sulla tragedia del fratello e ricorda la sentenza che sarà emessa il 7 aprile in merito al processo in cui sono imputati 8 carabinieri, accusati a vario titolo di falso, di favoreggiamento, di omessa denuncia e di calunnia: “Non è ancora finita. Domani ci sarà una sentenza altrettanto importante, quella sui depistaggi, perché, se è vero che la nostra vita è finita nel momento in cui Stefano è morto massacrato di botte, è altrettanto vero che la nostra vita è stata devastata da coloro che adesso sono a processo e che un istante dopo la morte di Stefano hanno scritto nero su bianco quello che sarebbe stato il destino del processo, e di conseguenza delle nostre vite. Ho estrema fiducia che anche su quella questione, che è altrettanto grave se non addirittura di più, domani verrà fatta giustizia domani”.