La ministra delle Finanze polacca ha affermato che nonostante gli emendamenti Varsavia è preoccupata dalle diverse tempistiche per l’adozione dei due pilastri della riforma. Il sospetto è che la mossa di Varsavia sia una ritorsione legata alla decisione della Ue di non dare via libera al suo Pnrr per carenze sul fronte della riforma della giustizia chiesta da Bruxelles per garantire l'indipendenza della magistratura
Un’altra fumata nera, dopo quella arrivata a metà marzo. La speranza di Parigi di raggiungere in tempi brevi un accordo in sede Ue sulla già depotenziata minimum tax per le multinazionali concordata in sede G20, G7 e Ocse si è infranta contro il no della Polonia, unico Paese che all’Ecofin di martedì ha detto no all’adozione della riforma. La ministra delle Finanze polacca, Magdalena Rzeczkowska, ha affermato che nonostante gli emendamenti Varsavia è preoccupata dalle diverse tempistiche per l’adozione dei due pilastri della riforma. Il primo riguarda la redistribuzione del “diritto a tassare” una parte di utili tra tutti i Paesi in cui una multinazionale opera e dovrebbe entrare in vigore nel 2023, il secondo fissa a un (misero) 15% l’aliquota minima globale effettiva che i grandi gruppi dovranno versare, nel complesso, allo Stato in cui hanno sede principale e a quelli in cui operano. L’Ungheria avrebbe invece dato il suo benestare, ma la sua resistenza politica resta nota.
Il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, davanti alla malaparata ha auspicato che l’accordo possa essere raggiunto al prossimo Ecofin, il 24 maggio. I motivi che spingono Varsavia a bloccare l’intesa sono “un mistero”, ha detto il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, che guida la presidenza di turno dell’Ue, dicendosi “assolutamente non convinto” della posizione di Varsavia. “Tutte le difficoltà tecniche sono state risolte”, ha spiegato il ministro, ricordando il lavoro di Parigi per rispondere alle osservazioni sollevate negli ultimi mesi e settimane da diversi Paesi come l’Irlanda, l’Estonia, la Svezia e Malta. “Spero che lo spirito irlandese dia ispirazione” a chi ancora si oppone come Varsavia, ha aggiunto.
Il sospetto è che la mossa di Varsavia sia una sorta di ritorsione legata alla decisione della Ue di non dare via libera al suo Recovery plan per carenze sul fronte della riforma della giustizia chiesta da Bruxelles per garantire l’indipendenza della magistratura. Bruxelles si aspetta dal governo di Mateusz Morawiecki una proposta di legge che faccia riferimento ai tre criteri chiave per l’autonomia dei suoi magistrati messi nero su bianco dalla Corte di giustizia europea che lo scorso febbraio ha respinto il ricorso di Ungheria e Polonia contro il meccanismo di condizionalità che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. “Ci sono requisiti di riforma di lunga data che vanno rispettati, poi ci sarà l’esborso. Ancora non ci siamo”, ha detto in question time a Strasburgo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. E allora, è la contro-minaccia polacca, per l’Ue niente minimum tax. Per la quale serve l’unanimità. Per Le Maire, non a caso, lo stop è solo un pretesto politico che niente ha a che fare con il fisco.