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Abbie Chatfield, l’influencer su tutte le furie per i menù a Venezia: “Solo i maschi hanno i prezzi indicati? Questo è patriarcato”. La replica

La replica di Arrigo Cipriani, patron dell'Harry’s Bar: “Se un uomo lasciasse pagare il conto alla fidanzata sarebbe imbarazzante. Nei miei locali non esiste il menu di cortesia ma se ci fosse non andrebbe certo presentato alla donna: è giusto che lei abbia ben chiara la cifra, spesso molto alta, che il suo accompagnatore pagherà per trascorrere quella serata”

di Simona Griggio

“Solo i maschi hanno il menu con i prezzi indicati? Ma questo è patriarcato!” A sgranare gli occhi allibita è Abbie Chatfield, influencer australiana e star televisiva. È appena arrivata a Venezia per una vacanza con il compagno Konrad Bień-Stephen. È entusiasta. Dalla camera del suo lussuoso hotel si vede il Canal Grande. Ma quando va a cena fuori il suo entusiasmo diventa rabbia. “Il menu è sessista”, diverso per maschi e femmine. Quello portato a lei (menu di cortesia) non include i prezzi delle portate, quello del compagno invece sì. La donna è sorpresa, sbalordita, si sente offesa. E si infuria: “Com’è possibile? E’ inaccettabile”.

Il ristorante è di pregio. Di quelli dove si cena con luci soffuse e fiori sul tavolo. Si chiacchiera amabilmente interrotti solo dal cameriere che riempie il calice. In una parola: costoso. Ma il problema per Abbie Chatfield non è certo questo. Lei si arrabbia quando scopre che il menu femminile è diverso da quello maschile. Perché quella differenza dà per scontato che siano gli uomini a dover pagare il conto. “E’ ridicolo!”, sbotta. Non solo il boccone le va indigesto. Ma fa partire una raffica di accuse sui social. Nei video che posta appare furibonda: “Ma ti pare? Sono io il breadwinner (il capofamiglia, ndr)”. Poi parla di discriminazione nei confronti delle donne, di un sistema che, è la sua opinione, impone alle donne un ruolo di mantenute anche con le gambe sotto la tovaglia. In uno dei filmati accusa: “Solo gli uomini ottengono un menu con i prezzi? Il patriarcato colpisce ancora”.

Le reazioni alla sua denuncia sul web arrivano fulminee. Soprattutto dal Bel Paese. La regina dei reality show, lo riporta il Daily Mail, è “bombardata” da commenti di uomini italiani arrabbiati, che insistono sul fatto che il “menu delle donne” sia solo una tradizione innocua. Ma la Chatfield è sempre più convinta che quel doppio menu sia il frutto della “tradizione sessista radicata nella misoginia del patriarcato”. E a sostegno della sua tesi argomenta che l’idea che gli uomini paghino al ristorante deriva da un’epoca in cui “le donne non avevano conti in banca” e si presumeva che fossero “dipendenti finanziariamente”. Ovviamente il conto del ristorante boujee di Venezia (frequentato dall’alta borghesia, ndr) dove ha cenato con il fidanzato lo ha pagato lei.

L’influencer, che sta per diventare milionaria grazie alla sua scintillante carriera mediatica a soli 26 anni, si è già fatta un nome nel campo del femminismo con il suo popolare podcast It’s a Lot e ha persino la parola “femminista” tatuata sul braccio. A riportarlo è ancora il Daily Mail, che fa riferimento anche al suo programma radiofonico Hot Nights, dove spesso affronta il tema dell’uguaglianza di genere. Inoltre, con 390 mila follower su Instagram, Abbie Chatfield è super pagata, ottenendo per le sue stories tra 150 e 200 mila visualizzazioni. Ma non solo. Sempre secondo quanto riporta la testata online inglese, avrebbe appena speso 1,45 milioni di dollari per un cottage a Byron Bay in Australia. Konrad Bień-Stephen, il suo fidanzato da novembre scorso, è un falegname che è apparso nella versione australiana del tv show The Bachelorette. La coppia è più felice che mai in una relazione dove non c’è dubbio che il capo famiglia sia lei. Forte, ironica, ma anche consapevole delle sue qualità. Una che su Instagram si definisce un “demone in forma umana”.

Ma la polemica lanciata da Abbie Chatfield non è inedita. Nel novembre scorso era stata Agustina Gandolfo, la moglie del calciatore Lautaro Martinez, a contestare questa abitudine dopo una cenetta in un ristorante vicino a piazza Duomo, a Milano. Parole simili: “Lo sapevate che in Italia in diversi ristoranti non mettono i prezzi sul menù alle donne? E se volessi pagare io? Sono indignata”. Aveva rincarato la dose: “La cosa peggiore è che molti italiani giustificano questo fatto dicendo che succede solo nei ristoranti di un certo livello. E quindi le donne non possono pagare se si tratta di una cena più costosa?”.

Ma è una critica che non si ferma all’ambito italiano. Ancora un passo indietro: nel 2017 Jay Rayner, il critico gastronomico del settimanale Observer del Guardian, si era lamentato durante la cena al famoso ristorante parigino Le Cinq. Ma come replicano i ristoratori? Nel caso dell’influencer australiana i veneziani stanno tutti con il collega. Più garbato il presidente dell’ Associazione pubblici esercizi, Ernesto Pancin: “Questa è la città dell’amore e quindi anche del romanticismo, del corteggiamento e della galanteria”. Usa parole meno diplomatiche Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar: “Se un uomo lasciasse pagare il conto alla fidanzata sarebbe imbarazzante. Nei miei locali non esiste il menu di cortesia ma se ci fosse non andrebbe certo presentato alla donna: è giusto che lei abbia ben chiara la cifra, spesso molto alta, che il suo accompagnatore pagherà per trascorrere quella serata”.

In passato i pareri non erano stati unanimi, anche nella categoria dei ristoratori. C’era chi l’aveva spiegata così: non si tratta di un menu per donne ma di un menu di cortesia per gli ospiti, chi è stato invitato non vede i prezzi accanto ai piatti, nella stessa logica di quando si porta un regalo a degli amici e stiamo ben attenti a che il negoziante tolga il prezzo. C’era invece chi si era opposto, spiegando che è un retaggio anacronistico di quelle che si chiamavano carinerie per signore, ma oggi chi lo riceve non si sente alla pari e quel menù diventa una mancanza di rispetto. Del resto, ai tempi dei nostri nonni, gli uomini si levavano sempre il cappello di fronte alle donne e cedevano loro il posto sui mezzi e nelle sale d’attesa. Ma le donne di allora neppure votavano.

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