Un tribunale turco ha trasferito giovedì all’Arabia Saudita il processo per l’omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi, una mossa per chiudere l’ultimo caso che offriva una speranza di giustizia per un crimine efferato che ha attirato indignazione da tutto il mondo. La decisione turca è un duro colpo per i difensori dei diritti umani. Avevano sperato che il processo in Turchia avrebbe almeno reso pubbliche le prove di chi era coinvolto e di come Khashoggi sia stato ucciso e smembrato da una squadra di sicari saudita nel 2018 all’interno del consolato del regno wahabita a Istanbul, dove era andato a prendere le carte di cui aveva bisogno per sposare la sua fidanzata turca, Hatice Cengiz.

“Non affidiamo l’agnello al lupo”, ha detto alla corte Ali Ceylan, un avvocato della signora Cengiz, prima che la decisione fosse annunciata. “Proteggiamo la dignità e l’onore della nazione turca e non prendiamo una decisione del genere”. L’avvocato Ceylan ha ricordato alla corte che il presidente Recep Tayyip Erdogan e altri funzionari turchi avevano affermato che la giustizia non esisteva in Arabia Saudita. Gokmen Baspinar, un altro avvocato della signora Cengiz, ha detto alla corte che il processo dei sospetti in Arabia Saudita nel caso era già terminato e che molti degli imputati nel processo turco erano stati assolti lì. Hatice Cengiz, ha annunciato che presenterà ricorso contro la decisione del tribunale di consegnare all’Arabia Saudita il caso che coinvolge 26 sospetti legati all’assassinio.

La decisione della Corte ha coinciso con gli sforzi del presidente turco Recep Tayyip Erdogan per migliorare le relazioni del suo paese con l’Arabia Saudita. La scorsa settimana, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aveva preannunciato in un’intervista tv che “passi concreti” erano in corso per ricucire i legami con lo Stato più ricco del mondo arabo. Il processo turco, aperto nel 2020, è stato in gran parte simbolico perché Riad si è rifiutata di estradare i sospetti e la legge turca non consente la condanna di persone che non hanno testimoniato. Il principe Mohammed Bin Salman ha sempre sostenuto di non saper nulla del complotto dell’omicidio in anticipo. Tuttavia, la CIA ha concluso che lui aveva dato il via libera all’operazione per uccidere o catturare Khashoggi.

Le autorità turche in questi anni hanno fatto trapelare ogni tipo di dettagli sull’omicidio – video, audio, sms – per mantenere il caso sotto i riflettori, il che ha esacerbato le tensioni di lunga data tra Turchia e Arabia Saudita sulle relazioni di Ankara con gli islamisti nel mondo arabo e il suo sostegno alle rivolte antigovernative della Primavera araba, cui Riad si oppose in gran parte. Nel 2019, l’Arabia Saudita ha condannato a morte cinque uomini e tre al carcere per l’omicidio Khashoggi. L’anno successivo, le condanne a morte sono state commutate in pene detentive dopo che uno dei figli adulti di Khashoggi perdonò gli assassini, con una dichiarazione che sembrava estorta con le minacce. Quel processo ha rafforzato la narrativa saudita secondo cui la morte di Khashoggi era il risultato di un’operazione “canaglia” senza la supervisione di alti funzionari. I sauditi non hanno mai nominato gli uomini che sono stati condannati e un esperto delle Nazioni Unite ha definito quel processo come “l’antitesi della giustizia”.

Dopo l’assassinio di Kashoggi, Riad aveva imposto un boicottaggio non ufficiale delle merci turche, riducendo drasticamente il flusso delle esportazioni verso l’Arabia Saudita, mentre la Turchia iniziava a sentire gli effetti di una grave crisi finanziaria che ha fatto precipitare il valore della sua valuta. Tanto è bastato a Erdogan per una rapida retromarcia, alla sua fallimentare politica economica si sono poi sommati negli ultimi due mesi i problemi relativi alla guerra in Ucraina. Il leader turco mantiene un difficile equilibrio fra la Russia (di cui ha bisogno per il gas, il petrolio e il grano) e la Nato (da cui riceve assistenza e sostegno militare) perché ha un bisogno disperato di valuta e lo stato arabo “più ricco del mondo” è munifico con chi sa chiudere gli occhi sugli eccessi di MBS, come le 100 condanne a morte eseguite in poche settimane nel regno wahabita. L’inflazione al consumo annuale della Turchia è al massimo da due decenni con il 61,1% in marzo (era del 54,4% in febbraio). I prezzi alla produzione, nel frattempo, sono aumentati di circa il 9,2% a marzo, portando l’inflazione annuale a quasi il 115%, secondo i dati diffusi dall’Istituto statistico turco.

Nell’inflazione al consumo spicca il gruppo dei trasporti, dove a marzo i prezzi sono aumentati di oltre il 13%. I prezzi del carburante, in particolare, hanno visto una serie di aumenti quasi giornalieri a causa degli aumenti globali del prezzo del petrolio il mese scorso. Il prezzo del diesel, ad esempio, è aumentato di un 32% senza precedenti in un mese. E con l’impatto aggiuntivo degli aumenti dei prezzi nella categoria delle automobili dipendente dalle importazioni, il gruppo dei trasporti è diventato il principale motore dell’inflazione a marzo. Nel gruppo alimentare, a cui è assegnato un peso del 25,3% nell’indice di inflazione al consumo, i prezzi sono aumentati del 4,7% a marzo. L’inflazione alimentare annuale ha superato il 70%. L’impatto delle ricadute economiche globali dell’invasione russa dell’Ucraina è stato, senza dubbio, significativo nel favorire l’inflazione in Turchia e si prevede che continuerà a farlo nei prossimi mesi. Le controverse politiche economiche del presidente Erdogan hanno reso l’economia turca più fragile e l’inflazione alimentare, in particolare, è diventata irrefrenabile per l’incapacità di Ankara di affrontare i problemi di lunga data nel settore agricolo. Inoltre, il governo ha privilegiato l’incoraggiamento della crescita rispetto alla lotta all’inflazione in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari previste per giugno 2023, dalle quali Erdogan si aspetta un plebiscito, come quello che raccoglie il suo amico Vladimir Putin a ogni voto.

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