È stato condannato a 15 anni e 6 mesi di reclusione Antonio Di Fazio, l’imprenditore farmaceutico arrestato dai carabinieri nel maggio dello scorso anno per aver narcotizzato, violentato e fotografato una studentessa 21enne attirata nel suo appartamento con la scusa di uno stage, e a processo con rito abbreviato anche per casi di abusi, sempre con uso di dosi di benzodiazepine, nei confronti di altre 5 donne, tra cui l’ex moglie. Lo ha deciso il giudice dell’udienza preliminare di Milano Anna Magelli a seguito dell’inchiesta dell’aggiunto Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo. Di Fazio da febbraio è in una struttura psichiatrica ai domiciliari.

La condanna è maggiore rispetto alla richiesta dell’accusa perché il gup non ha riconosciuto la continuazione dei reati, che porta a una diminuzione della pena complessiva, ma – essendo alcuni collocati temporalmente in tempi diversi – ha emesso una condanna per gli episodi contro l’ex moglie, una per la violenza della studentessa di 21 anni e un’altra condanna per gli altri episodi di stupro. Tre pene per i diversi capi di imputazione che portano la condanna per Di Fazio, che supera, quindi, i nove anni richiesti dall’accusa. Stabiliti anche i risarcimenti: 98mila euro per la studentessa e 14mila per altre parti civili. Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni.

Stando al dispositivo della sentenza che ha condannato l’imprenditore, il giudice Anna Magelli, come riferito ai cronisti dai legali delle vittime, ha riconosciuto il reato di violenza sessuale anche per le condotte che riguardavano le fotografie da lui scattate alle donne narcotizzate e poi spogliate. “Siamo soddisfatti perché è stato accolto l’impianto accusatorio”, hanno spiegato alcuni dei legali di parte civile, tra cui gli avvocati Laura Panciroli, Monica Monteverde e Andrea Prudenzano. I legali di Di Fazio annunciano che faranno ricorso.

Nella nuova ordinanza arrivata a fine novembre 2021, con la quale il manager era accusato di altre quattro violenze sessuali oltre a quella sulla 21enne, la giudice per le indagini preliminari di Milano Chiara Valori aveva definito il comportamento del manager “progressivamente sempre più spregiudicato, pervasivo e violento“. E sempre dal documento era emerso questo: “L’analisi forense del computer sequestrato al Di Fazio ha evidenziato come sin dal 2016 questi abbia frequentemente effettuato ricerche sul web utilizzando come stringa di ricerca: ‘ragazza addormentate/narcotizzate con il clorofonnio'”. Infine era stato chiarito che la “la serialità delle condotte” dell’imprenditore era “costante almeno a partire dal 2008”.

I gravi disturbi della personalità di Di Fazio, avevano spiegato i pm, sono la “chiave di lettura” dei fatti e “il filo rosso” che collega tutte le vicende di violenza sessuale messe in atto con lo stesso schema: prima la creazione di una “zona comfort” per indebolire le vittime, poi la somministrazione di benzodiazepine in dosi massicce e, infine, le fotografie delle ragazze, prive di sensi, in atteggiamenti ‘espliciti’. Il giudice (motivazioni tra 90 giorni del dispositivo molto complesso) ha assolto Di Fazio solo da alcune condotte contestate, ma ha confermato l’impianto accusatorio delle violenze. E lo ha anche condannato a un anno come misura di sicurezza a pena espiata.

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