La classifica dei musei più frequentati del 2021 pubblicata da Giornale dell’Arte con The Art Newspaper ha avviato i commenti, le analisi, le giustificazioni, proprio come accade puntualmente dopo gli esiti di ogni elezione politica o di una partita di calcio della serie A: siamo degli specialisti sul campo in queste operazioni. La notizia è che il Parco archeologico del Colosseo ha lasciato il podio più alto alle Gallerie degli Uffizi. Probabilmente (come è stato variamente sottolineato) perché nel conteggio sono rientrati cinque musei, oltre al Giardino di Boboli. Al terzo posto il Parco archeologico di Pompei, seguito dalla Galleria dell’Accademia e quindi dalla Reggia di Caserta. I numeri degli ingressi in regresso rispetto all’ultimo anno completo pre-Covid. Regresso più che cospicuo ma previsto, sfortunatamente.

Commenti, si diceva. Il direttore generale dei musei di Stato Massimo Osanna in una conversazione con Ansa, evidenziando l’andamento generale di ripresa dei musei rispetto al 2020, ha disegnato la strategia per tornare ai fasti del passato recente. Sulla priorità, nessun dubbio: “La comunicazione del patrimonio!”. Per Osanna “si vede che sono state premiate alcune realtà, anche non grandi, che hanno saputo lavorare molto proprio sulla comunicazione, sui social e sul turismo di prossimità”. Come il Parco archeologico di Paestum e Velia e il Museo archeologico di Venezia. “Anche sui social i musei e i luoghi della cultura italiana scontano il ritardo con il quale siamo partiti, ma si può fare molto. È il caso degli Uffizi, come prima di Pompei lo dimostra”, argomenta il Direttore generale.

Che i social siano un traino imprescindibile lo sostiene da tempo il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, il quale nota come “Noi comunque siamo cresciuti tantissimo, in questo momento abbiamo un milione di follower (si tratta di un dato aggregato di Instagram, Facebook, Twitter e TikTok)”. Fatti i conti con la fase della pandemia e omaggiati i social rimane la comunicazione, come rileva Osanna, una comunicazione il più delle volte inadeguata, con le dorate eccezioni dei luoghi della cultura che finiscono per primeggiare nelle diverse classifiche, che siano quelle del Giornale dell’Arte oppure quelle del Mibac o dell’Istat.

Decidere di andare al Colosseo e a Pompei oppure alla Reggia di Caserta e alla Galleria dell’Accademia vuol dire mettersi in fila. Basta avere pazienza, prima o poi si entra, con certezza. Altrove va diversamente, dove magari si evitano le file ma non le attese. Soprattutto dove il rischio di non poter entrare è alto. La lista è lunga, per una volta senza differenze tra Nord e Sud, in questo l’Italia è unita: aree archeologiche e monumenti, musei e antiquarium chiusi oppure aperti su richiesta. Ma per saperlo non è facile: non è operazione agevole per i turisti districarsi tra le informazioni, spesso non aggiornate oppure contraddittorie, rintracciabili sui portali delle diverse Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. Già, i portali, quasi sempre differenti, non solo quelli regionali: quello delle Marche da quello del Molise. quello dell’Umbria da quello della Basilicata.

Ma differenti anche quelli provinciali. Ad esempio quello per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone da quello per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia. Quello per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso da quello per le province di Verona, Rovigo e Vicenza. Quello per le province di Frosinone e Latina da quello per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti. Addirittura quello per il Comune di Napoli da quello per l’area metropolitana di Napoli.

In alcuni casi i portali sono del tutto assenti, a fronte di una Soprintendenza “attivata”. Come accade nel caso di quella marchigiana di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, per la quale è possibile un riferimento soltanto a due indirizzi email. Una volta entrati nella Home dei diversi portali cercare informazioni sul Monumento oppure Museo che si vorrebbe visitare è un’impresa. Anche per questo motivo si desiste, lasciando perdere. Lo evidenziano gli ingressi davvero esigui di luoghi della cultura che meriterebbero ben altro riconoscimento dal pubblico.

Le Marche da questo punto di vista sono un esempio, al contrario sul portale della Sabap il turista in cerca di siti da visitare può scegliere. Può iniziare la sua ricerca da “Archeologia” e quindi passare a trovare le sezioni “Informazioni”, “Tutela archeologica”, “Ricerca e valorizzazione” e “Scavi e scoperte”. Tempo perso: troverà solo “pagine in allestimento” da mesi e notizie che non gli saranno utili. Decidere di andare su “luoghi della cultura” non cambierà nulla o quasi: verrà a sapere del “libero accesso” all’area archeologica Conelle di Arcevia, della necessità di prenotarsi per il Santuario tardo-repubblicano di Monte Rinaldo, per l’area archeologica di Potentia e per l’area archeologica I pini di Sirolo. Ma niente sul Parco archeologico di Suasa, sull’area archeologica e Museo La Fenice a Senigallia. Soprattutto niente sul molto altro che offre la Regione, almeno nell’ambito dei siti archeologici e delle esposizioni museali.

Per sapere dell’anfiteatro romano di Ancona “si può andare” in Direzione generale Musei oppure cercare in rete. Stessa procedura per il “Parco archeologico di Fossombrone”, come per il Museo dei Bronzi dorati e della città di Pergola, come per il Museo archeologico del territorio di Cupra Marittima e per l’area archeologica di San Severino Marche. I turisti non sempre sono organizzati preventivamente, non sempre conoscono quel che una località offre in tema di beni culturali. Chi viene a Roma senza partire dall’altro capo del mondo, ma anche solo da un qualsiasi altro luogo italiano, in qualsiasi stagione lo faccia, è probabile che decida di andare al Colosseo e/o al Foro Romano. Chi va al mare a Porto Recanati, nel maceratese, potrebbe non sapere che non lontano c’è l’area archeologica di Potentia. E spostandosi un po’ c’è l’imbarazzo della scelta: Osimo con la sezione archeologica del Museo civico, Montecassiano con la raccolta archeologica, Pollenzo con la collezione archeologica nel Museo di Palazzo Cento. E molto altro, spostandosi di poco.

Ovunque è così, non solo nelle Marche. Ci sono luoghi della cultura che meriterebbero di più, un maggiore numero di visitatori, più visibilità, non di rado qualche investimento. Non gli “zero” che il Mibac regala ogni anno, quasi senza eccezioni. La pandemia ha creato una voragine che lo Stato non sarà mai in grado di colmare se non inizierà a pensare ai luoghi della cultura del paese come realmente unici. Tutti. “La comunicazione è importante”. Sempre.

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