di Federica Pistono *
L’incontro del mondo arabo con l’Occidente rappresenta il tema centrale del romanzo Profumo francese, del noto scrittore sudanese Amir Tag Elsir, recentemente pubblicato da Poiesis Editrice (2022). L’autore, già noto al pubblico italiano con i romanzi Il cacciatore di larve (Nottetempo, 2013) e Ebola ’76 (Atmosphere Libri, 2021), tratta il motivo dell’incontro tra nord e sud del mondo, capovolgendo la prospettiva utilizzata da un altro grande scrittore sudanese, Tayeb Salih, nel celebre romanzo La stagione della migrazione a nord (Sellerio, 2011).
L’argomento centrale del romanzo è dunque la migrazione a sud di una donna francese, finalizzata allo studio del mondo arabo-africano. Ma, sembra domandarsi l’autore, fino a che punto è possibile un simile incontro?
Gli abitanti del quartiere si danno un gran da fare per accogliere l’inconsueta visitatrice, considerata da alcuni come un tramite per l’emigrazione verso l’Europa, da altri una fonte di ricchezza per il degradato e sonnolento quartiere, da altri ancora come un personaggio affascinante di cui innamorarsi. La notizia dell’arrivo di Katia è intercettata e diffusa fra i residenti del sobborgo dal protagonista Ali Jarjar, un ferroviere in pensione, incaricato da un funzionario governativo di agevolare il soggiorno della straniera. Ali, raccogliendo informazioni sulla donna, se ne innamora, scivolando in un’ossessione dai risvolti ora grotteschi, ora esilaranti. L’arrivo di Katia, però, è continuamente rinviato, e l’interminabile attesa dell’insolito Godot sconvolge la mente del protagonista, la cui infatuazione si tramuta in lucida follia: il mondo, intorno a lui, svanisce, per lasciare il posto a un universo immaginario in cui isolarsi dalla realtà.
L’ospite francese, simbolo dell’Europa, resta lontana dal quartiere Ghaib. L’incontro con lei, e con l’Europa che rappresenta, può avvenire soltanto in sogno, o sprofondando nella pazzia. Questa sembra essere l’opinione dello scrittore, che si riflette nell’amara conclusione dell’opera.
Amir Tag Elsir utilizza la lente dell’ironia per raffigurare l’umanità che si muove nelle strade della città sudanese. Se Ali Jarjar è rappresentato come un personaggio dai tratti quasi caricaturali, spesso coinvolto in situazioni farsesche, gli altri personaggi della vicenda non risultano certo meno bizzarri. Davanti agli occhi del lettore sfila una variopinta galleria umana, composta di emarginati, mendicanti, truffatori, scrocconi, reietti, dipinti in tutti i loro pregi e difetti. La città senza nome si presenta come un paesaggio dai contorni vaghi e indefiniti, composto dai vari ambienti in cui il protagonista si muove: strade gremite di folla, botteghe traboccanti di mercanzie, l’ufficio di un amministratore corrotto, le misere abitazioni degli abitanti del quartiere.
Se umorismo nero e sarcasmo rappresentano caratteri essenziali della narrativa di Elsir, non c’è dubbio che si tratti di un’ironia tutt’altro che giocosa, quasi a voler dire che, in fondo, c’è poco da ridere. Il romanzo, infatti, focalizza l’attenzione del lettore sulle difficoltà economiche, politiche e sociali in cui si dibatte la società del paese africano arabofono. L’autore si sofferma spesso sulla miseria e durezza delle condizioni di vita della popolazione, sulla presenza di immigrati e rifugiati da paesi vicini, lacerati da infinite guerre, sull’onnipresenza di polizia e servizi segreti nella vita quotidiana della città, sui cui residenti è esercitato un controllo ossessivo, meccanico e asfissiante, in un universo che sembra dimenticato dalla modernità. Così, il romanzo racconta anche le grandi piaghe del continente africano: la corruzione, i conflitti interminabili, la dittatura, l’intolleranza religiosa, l’emigrazione.
* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba